di Antonietta Gnerre
Scrivere significa, innanzitutto, osservare il mondo da quel centro che ognuno si porta dentro.Un’osservazionesenza tregua per meglio conoscere ciò che ci circonda e ciò che noi stessi siamo, con la luce e la visionarietà che caratterizzano la forza del pensiero e della vera parola. Quella vitalitàche mette in chiaro i plurimi risvolti del destino dell’uomo,delle cose, della natura, dell’immensità che ci sovrasta. Queste le coordinate intuitive e percettiveche si dilatano all’infinito a cui sembra ispirarsi il percorso poetico e il viaggio esistenziale di Domenico Cipriano.
Così, di fronte al titolodella sua ultima silloge –Il centro del mondo, Transeuropa 2014 -si resta affascinati e catturati immediatamente dalrespiro intimistae filosofico insieme, dalle domande segnate dalla fragilità moderna, da una poesia che osserva e scruta il fluido canto del tempo: “Moriamo pezzo dopo pezzo mutando,/crescerai e sarai altro, diversa”. L’incipit del componimento fuori sezione Due colmi pezzi di mondo è lo spartiacque dei due centri che s’incontrano per arginare l’istante, le persone care, le cose e i loro mutamenti. La terra, qui, è un nucleo centrale che cresce in continuazione sotto gli occhi di chi osserva.
Trasformazione e silenziosottolineano lo sviluppo lineare e progressivo di tante piccole estremità per ricompattare le cose abbandonate. Perciò, afferma Maurizio Cucchi nella postfazione, non si può non essere colpiti da quel “pensiero attivo, che matura nella realtà di un’osservazione sempre aperta e di un’energia forte e opaca; un testo internamente molto ricco e fitto di implicazioni, che richiede una perlustrazione attenta, un costante ritorno sui propri passi”. I versi di Pier Paolo Pasolini in esergo (era il centro del mondo, com’era /al centro della storia il mio amore /per esso)abitanocome un soffio di vento per regolare il ritmo stesso delle parole e, infatti, sfogliando questo libro, si è costantemente rimandati in un’atmosfera di riflessione che, scavando da una terra dolentecome l’Irpinia, racconta nuovi scenari e nuovi orizzonti, quel fascino pastoso dell’andare oltre. Un microcosmo che rispecchia e gelosamente custodisce i segreti e la bellezza del macrocosmo.
La lingua, che si veste di eleganza esobrietà, si presenta dal tratto conciso/sentenzioso e multiforme, indagando senza sosta i meandri dei pensieri più nascosti.Una poesia dunque che, se da una partefa dell’elemento domestico una delle principali chiavi di lettura (e il pensiero corre a Campana, Caproni, Bertolucci, Zanzotto), dall’altra parte tende all’universalità del sentire, avvalendosi di similitudini emetafore che rendono l’intero dettato qualcosa di estremamente ineffabile. I silenzi e le pause, come due sorgenti, s’incontrano per unirsi nel grande spazio della natura e nei piccoli e grandi eventi della storia.
(Domenico Cipriano, Il centro del mondo – Transeuropa, 2014, pp.112, Euro 9,90)
(a Sofia)
Moriamo pezzo dopo pezzo mutando,
crescerai e sarai altro, diversa. Ferma
l’immagine che hai già cancellato
nelle ore (non è affidabile la memoria)
così la presenza non è solo un dettaglio
per la nostra comprensione. Filo spinato
e ruggine sui punti fermi del mondo,
ma nemmeno quello spigolo d’universo
ci appartiene. Cambiano con te
le cose abbandonate.
*
I luoghi li avverti se li hai vissuti, diventano
parte di te. Non rincorrere i fantasmi
di altra identità, la lama ti ha tracciato sul volto
il segno e ad altro non sai appartenere.
Se ti affacci al bordo di una rupe riconosci la vertigine
ma il tempo muta il suono che urla nel ventre
a cui non torni. Sarai altro e da questo non hai scampo
(affliggono i ricordi) conservando silenzioso
la passione di vivere ogni istante nella solitudine
assurda del paese. Lo so che è tutto un mito
che la tua mente sforza, il rincorrersi di punti
per disegnare un nuovo inizio, ma siamo
alla fine dei dissolvimenti (dove la lacrima
non ha più spazio) tra illusione e ricordo
nell’angolo chiuso dove l’era si annulla, la mente
si scosta a un nuovo cenno: e siamo altro,
dove ci ha lasciato.
*
(a Cosimo)
Esistiamo perché mutiamo. Il corpo
si trasforma con il tempo, così la voce
e l’odore che tutto dice. Conserviamo
poco, diamo segno di noi
nel pensiero che si evolve, nelle azioni
che si alternano, confondendo
i colori che la pelle mostra, variando i suoni
che all’istante diventano parole.
Se c’è una storia da ricomporre
(pezzo a pezzo) è nel modificarsi
delle orme che tracciamo. Così,
solo le cose ferme ci ricordano
dove siamo già esistiti,
anche se il vento cerca di mutarne le sembianze
con la polvere che accumula
in forme disadorne.
Continuiamo a dirci vivi
ostinandoci a non apparire uguali
e questo morire eternamente
è il volto stesso che la vita ci consente.
*
Con gli occhi verso l’alto cerchiamo
di contare le distanze inesistenti
non c’è più colore che dissimula
solo i primati restano da superare
anche dove gli spazi sono vuoti
e camminiamo con la pritzel
di mezzogiorno. Siamo anonimi
in tanta umanità distesa, potremmo
essere chiunque, ugualmente
entreremmo nella Biblioteca Pubblica,
io leggerei lo stesso i versi scritti
a macchina da Langston Hughes.
(Manhattan, New York, 30 agosto 2005)
*
La campagna 5. Finale
Sono restato seduto dietro una panchina per anni
il cielo è rosso vermiglio e ricordo la tua pelle liscia
quando mi scorre il latte sulle guance.
La notte è un piedistallo e restiamo immobili solo io e te
con gli occhi che sono camaleonti
sotto la luce dei lampioni. Il verde condiziona il giorno
schiarendo le tonalità del cielo
ora che tutto è disteso e senza confini
non si vedono più le staccionate
e il buio serve solo a consolare.
Voglio consegnarmi alle distese della terra fertile
lontano dal mare che paradossalmente
è sterile ed esplora. Qui nulla ti riconosce e inganna
c’è un profumo di uva secca e muschio
una finestra per il sole, senza un confine netto
tra vivere e sperare.
.
Domenico Cipriano. Nato nel 1970 a Guardia Lombardi (AV), vive e lavora in Irpinia. Vincitore del premio Lerici-Pea 1999 per l’inedito, ha pubblicato: Il continente perso (Fermenti, 2000, 2° ed. 2001 – prefazione di Plinio Perilli e nota del musicista Paolo Fresu) premio Camaiore proposta e segnalazione Premio Montale. Novembre (Transeuropa, 2010 – prefazione di Antonio La Penna) rosa finalista del premio Viareggio-Répaci 2011, riedito in edizione bilingue con il titolo di November(Gradiva Publications, New York, 2015 – a cura di Barbara Carle, foto artistica di Eric Toccaceli). Il centro del mondo (Transeuropa, 2014 – postfazione di Maurizio Cucchi) premio Giuseppe Pisano, premio speciale Città di Sant’Anastasia e segnalazione ai premi Pascoli, Frascati, Camaiore. Ha realizzato il cd di jazz-poetryJPband: Le note richiamano versi (Abeatrecords, 2004) e ha collaborato con vari artisti, si ricordano: Alessandro Habere Sergio Rubini.

