Lisi doveva dirlo. Insomma doveva al culmine di una sincerità poetica ed esistenziale che lo brucia, nonostante le quiete apparenze di medico cittadino, di mai esibita eleganza etnea, dire di qualcosa che sopravvive alla menzogna, al tradimento. Insomma, doveva, e senza pudore, dire e farci immergere con lui, in queste poesiette apparentemente lievi e di peso specifico invece immane, dove ogni visione scheggia la pupilla, brucia l’iride tanto da cambiare, da doverlo regolare su un più in là misterioso (quello misericordioso di Rebora, o quello sperduto di Montale?) in un disastro, in una casa dove tutto crolla e però dove “l’amore immediato rimane”.
C’è una oscillazione tra la spudoratezza del diario personale e il pudore o meglio l’alterità dal biografico sempre annesso al dire poetico. È a questo livello, precedente e pur tutto lì riversato nel testo che si gioca la speciale tensione di questo libro di Lisi.
Il quale non sembra preoccupato di nulla, se non di dire appunto la verità. Non del diario, ma della vita, che come diceva Jacopone nella poesia indicata da Ungaretti come quella forse più bella mai scritta, coincide con “amore muto” ovvero l’amore dicibile solo poeticamente. Lisi lo fa, e sa bene che l’amore non è il luogo senza colpa, non è un sentimento incontaminato. Ma la continua emergenza di qualcosa di immediato in tutta la materia scontata del vivere, i difetti, le mancanze, le ferite. Ci sono momenti di visione, di sospensione nel buio di stanze, in parcheggi, dinanzi a minimi spettacoli della natura. La forza della poesia di Lisi non nasce da nessun credito assodato precedentemente. Da nessuna esibita appartenenza territoriale – così frequente in poeti nati alle sue latitudini – né in omaggi a linee poetiche di tendenza, se pur l’asciuttezza del dettato e il nitore metaforico fanno pensare a certi poeti di area o ascendenza milanese che devono essere nella sua biblioteca. Così questo libretto ben introdotto da Francesco Napoli, critico, vigile e laborioso, ci dona una nuova prova di poeta forte e concentrato sull’essenziale. Come occorre adesso, in un tempo che ai poeti, almeno a loro, non chiede l’intrattenimento o l’illusione, ma il vero, trovato nel silenzio con le parole.
Davide Rondoni
Paolo Lisi, E la colpa rimane, Passigli poesia.