È profezia, è smarrimento, è bisogno .
Bisogno , quasi compulsivo, tragico, di testimoniare il manifestarsi -chiaro e non – di una luce, di un altro, di un tu e di un noi …
Tutto questo è Santa ricchezza , libro edito per Cartacanta editore lo scorso febbraio , e col quale Lorenzo Babini si è aggiudicato il Premio Letterario Le stanze del tempo edizione 2015, promosso da Fondazione Claudi, Roma.
L’uomo che non è tranquillo, che si desta per la vita che si trasforma senza che nessuno possa trattenerla, ha la natura del pellegrino . E quando il pellegrino, anche sconvolto da un apparente orrore, presta i suoi sensi alla poesia, si affida alle commedie dell’animo, anche ai sogni , agli incubi, ecco, il risultato è questa raccolta di poesie.
Poesie a volte visionarie, altre crudissime e spirituali ma non per questo povere di segni reali.
È infatti il corpo e il suo finire , il suo essere contenitore e evento il nucleo –motore del viaggio che Babini intraprende per testimoniare la ricchezza, santa, che viene dal rapporto con l’altro.
Un ‘opera prima , questa, tenera e potente nei versi lunghi e musicali, luminosi e verticali come
una scala senza pioli/ proiettata nel cielo,dentro e fuori dal tempo,/ oltre le mani che ti stringono forte,/ ti cercano, mentre saliamo. ( p. 49)
p. 45, Santa Ricchezza:
Non andartene, ti trattengo
nell’attimo in cui lo specchio si deforma
e l’acqua nella vasca sembra scura.
Non andartene, ti trattengo
nella camera dove si rivela
nel suo splendore
l’orrore infinito di essere giovani
strappandosi la morte di dosso
come un brutto vestito.
Tu guardati, si estende
dappertutto l’oscurità dei capelli, divora
il tuo viso, tutto il corpo, è il segno
del disastro che ti tiene e non ti lascia,
oscura gli occhi e le membra,
messaggere di grazia.
Squilla il telefono
e in questa veglia, nella vigilia
fragorosa che ti consegna alla tenebra,
non andartene, ti trattengo
perché tu non sia solo la tua morte
ma la bellezza della vita che combatte,
chiede spazio, invoca respiro e perdono
la tua bellezza di bambina, e dice,
per una volta dice: accettami,
accetta queste trasformazioni
che scolorano e fanno piangere. Accetta questo, di noi,
l’azzurro dei polsi, le nostre mani,
i nostri corpi esposti, rivisitati.
Alessia Iuliano