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La realtà nascosta di Valeria Rossella

di Michela Silla

Valeria Rossella, Quello che vedo, Interlinea 2021

Valeria Rossella (Torino, 1953), raffinata poetessa e traduttrice dal polacco, in Quello che vedo (Interlinea, 2021) indaga il richiamo della poesia, la visione che, con “uno sguardo da indovini ciechi”, induce a scavalcare la percezione dei sensi e allora “la realtà cambia di grado e sale/ rapidamente una febbre nelle immagini”; queste ultime si creano in un tempo nel quale “sfrecciano i bambini in bicicletta/ accanto ai loro coetanei di cent'anni fa”. Il tempo “non sta su un piano cartesiano”, non è lineare: passato e presente si confondono e si incontrano in una sorta di simultaneità universale; così capita, per esempio, di mangiare un gelato al tavolo di un bar “anche se sono passati quattro anni”, oppure che, in Permafrost, la poesia che chiude la raccolta, gli amici vengano a trovarla, ma dal passato.

Nei versi di Valeria Rossella tutto si muove e si combina: insieme agli sprazzi della quotidianità incalzante (“e frettolosi/ i passanti scorrono”), aleggia la dimensione nascosta colta dal poeta e quando le due realtà convergono, “due donne uscite dal discount/ attraversano il viale frastagliate e capovolte/ in un esistere altro...”.
Lo stile è vivido e coraggioso: oltre alla presenza di termini provenienti da altre lingue (greco, cinese, arabo, russo), si trovano voci ed espressioni appartenenti al lessico specialistico (saprofiti, ioni, slatentizzata, pupille midriatiche), nomi e locuzioni latine (noctua, in excelsis); inoltre i termini che si riferiscono a parti del corpo (stretta laringe, lingua dolorosa, vertebre, spalle) si alternano a quelli che riguardano le condizioni dei “cuori tachicardici” che passano accanto alla poetessa nella sua Torino (extrasistole, aritmia). Talvolta nel flusso testuale si inseriscono discorsi diretti (“Temevo il freddo ma fu il calore a togliermi la vita”) delle figure con le quali l'autrice comunica.

È un dialogo continuo, una rete pulsante che restituisce la complessità del reale e ne offre una visione slant, per dirla con la Dickinson, obliqua: una verità che si insinua anche nelle spaccature dell'esistenza. Morte e lontananza – Rossella sa che “non si ritorna mai, non si ritorna” – coesistono con la memoria dei sentimenti che, celebrata nello spazio intimo della poesia, restituisce il senso. Il poeta riceve segni, interpreta prodigi, richiama dal passato e riunisce i cocci come nel Kintsugi (l'arte giapponese di riparare oggetti rotti con resina o polvere d'oro, mettendo in risalto le crepe), al quale Rossella dedica una sezione, benché la poesia non consoli, ma anzi lasci aperte le ferite, attraverso le quali filtrano, nella visione febbrile, ombre e segnali e anche le suppliche della pioggia (“Tirami fuori di qui da ogni goccia”): l'unica via perché alla fine la “sovrumana scintillanza” lavi e battezzi.

Riferimenti bibliografici

Celan Paul, La verità della poesia, Einaudi, Torino 2008.

Dickinson Emily, Emily Dickinson's poems as she preserved them, The Belknap Press of Harvad University Press, Cambridge 2016.

Gualdo Riccardo, Telve Stefano, Linguaggi specialistici dell'italiano, Carocci, Roma 2012.

Rossella Valeria, Spartiti per il pifferaio di Hamelin, parabole, discanti e incanti, Genesi, Torino 1981.

Rossella Valeria, L'usignolo meccanico, Edizioni del Leone, Spinea-Venezia 1991.

Rossella Valeria, L'anima del violino, Galleria Pegaso Editrice, Forte dei Marmi1996.

Rossella Valeria, Il luminaio, Crocetti, Milano 2003.

Rossella Valeria, La città di Kitež, Nino Aragno Editore, Torino 2012.

Rossella Valeria, Quello che vedo, Interlinea Edizioni, Novara 2021.

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