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Leggendo Teresa Ciabatti

Teresa Ciabatti, Donnaregina, Mondadori 2025

di Francesca Romana Cicolella

“Questa è la storia di Giuseppe Misso detto O’Nasone, accusato di rapina a mano armata, furto, associazione a delinquere, associazione mafiosa, 38 omicidi commessi e 108 ordinati, ma per qualcuno molti di più”.
Inizia con una bugia Donnaregina, l’ultimo romanzo di Teresa Ciabatti uscito nell’aprile del 2025 per Mondadori.
Peppe Misso, boss della camorra napoletana, oggi pentito e alla soglia degli ottant’anni, in questa storia c’è davvero, ma non come ci aspetteremmo.
A raccontare la sua vicenda è una giornalista e scrittrice, che molto ricorda la Ciabatti, a cui il Corriere chiede di assecondare la richiesta di Peppe Misso. Il boss vuole raccontare la sua storia proprio a lei, che di lui e della camorra non sa proprio nulla e, forse per questo, è innocua.
Per Peppe Misso è un’occasione di riscatto, per la protagonista di Donnaregina l’occasione di carriera per chi ha sempre scritto solo di costume e cultura.

“Scrivo, semplifico, salto a piè pari rapine e sparatorie, soffermandomi su particolari che molti riterranno marginali”.

La giornalista incontra il boss, ci parla, ascolta, ma capire di mafia è complicato. L’intervista si rivela un fallimento e fa arrabbiare Misso. Ma poi il boss ci ripensa, capisce che quel modo di narrare è perfetto per un libro, magari un film, che racconti a tutti, finalmente, chi è Peppe Misso.
Qui cambia tutto, la letteratura prende il posto della cronaca e la storia di mafia diventa una storia di vita.

“Uno non ci pensa mai che i cattivi hanno una normalità, e a forza di pensarli lontani, a forza di relegarli in una dimensione remota, oltre a semplificare, proteggiamo noi stessi, credo”.

Teresa Ciabatti, che dell’autofiction è maestra indiscussa, ci consegna un romanzo coraggioso e originale. In questa storia la vita di Peppe Misso diventa fonte di ispirazione per raccontare cosa si nasconde dietro le vicende di mafia che conosciamo, cosa provano le persone che sembrano troppo lontane da noi, quindi come una storia diversa può diventare occasione per un viaggio dentro sé stessi.
Questo non è un romanzo di mafia e a metterlo in chiaro è chi scrive, eppure di dinamiche mafiose racconta moltissimo. Donnaregina non è neanche un romanzo di genitori e figli, tuttavia i rapporti con i figli diventano l’occasione perfetta per raccontare una mentalità ignota e affrontare temi come il disagio giovanile o la malattia mentale.
In questo romanzo Ciabatti riesce, senza mai farci perdere, ad intrecciare due storie lontanissime che a un certo punto sembrano inscindibili. C’è la vita di Peppe Misso e quella della scrittrice che, in prima persona, racconta la sua indagine e la sua vita. Mentre Misso dice di come sia passato alla storia per la sua “bontà” e la sua rivoluzionaria capacità di accettare un figlio gay, la giornalista fa i conti con una figlia adolescente pronta al suicidio. A lei tocca, quindi, capire due vite o forse anche di più e va a finire che un romanzo sulla vita di un boss smette di essere occasione di carriera e diventa l’occasione della vita.

“Ma bisogna davvero essere di Napoli per scrivere di Napoli?”. La domanda, che tormenta la scrittrice dentro e fuori il libro, si presenta come una questione scottante e centrale. Per rispondere Teresa Ciabatti, che per scrivere Donnaregina ha avuto appoggio e aiuto da Roberto Saviano, si avvale direttamente della sua narrazione.
“Così giustifico la visione personalissima, attaccabile, manipolata di un libro su una vita criminale - semmai qualcuno avrà da ridire: è una mia riflessione, io che cerco il riverbero di me in un'esistenza lontana”.
Non c’è mai, e questo è chiaro fin da subito, la pretesa di raccontare un mondo adatto a esperti. Tuttavia la bravura di Ciabatti è interamente nell’essere in grado di utilizzare la letteratura e la vita che contiene non per giustificarsi con i lettori ma per costruire un romanzo che non ha bisogno di spiegazioni, che rende omaggio al potere della letteratura di scavare tra le fessure, di trovare quello che due occhi poco attenti non vedono, quindi di farci vedere il mondo, e forse anche noi stessi, da un’altra prospettiva.

“Peppe Misso dichiara di aver accettato l'omosessualità del figlio.
Lo dice a me, proprio a me, facendomi sentire importante, e insieme intima, il nostro punto d’incontro sui figli. Ciò che voglio non dico teorizzare, ma portare alla luce. La compresenza di bene e di male di male con sprazzi di bene, o bene con squarci di male - sia quel che sia, fa fede il miscuglio, i contrari che non si escludono”.

Diventa chiaro, pagina dopo pagina, che questo non è un romanzo basato su un’unica storia. Ci sono infiniti sprazzi di vita che fanno il paio con la morte, con lo spaesamento e con la possibilità di rinascita.
“L'impresa di narrare la vita del superboss potrebbe farmi riprendere la parte di me a cui ho rinunciato”.
La scrittrice del romanzo sul Misso allora affronta senza indugio le sue paure. Ciabatti, con il suo doppio letterario, scrive consapevole che una grande amica in punto di morte – l’omaggio a Michela Murgia è discreto e dolcissimo – non le consiglierebbe mai un libro così, ma quel romanzo serve anche ad affrontare un lutto ingiusto e complicato; annota e ascolta prendendo il buono, scartando il peggio, rileggendo e riscrivendo una storia che ha senso narrare; entra nei reparti di psichiatria infantile per conoscere ancora un altro mondo, per ricordare a tutti che esiste anche ciò che non abbiamo voglia di vedere.

Le domande su cosa sia questo libro sono infinite. Da principio l’autrice ci dice cosa questa storia non è e, intanto, ci conduce mano nella mano in un viaggio intenso, complesso e indubbiamente doloroso. Poi, però, capiamo che Donnaregina è un libro sui limiti personali, sulla capacità di affrontare la vita e poi la morte, di fare i conti con tutto quello da cui fuggiamo e che mai, stiamone certi, smetterà di cercarci.

Peppe Misso oggi è un uomo libero, si è sposato ancora una volta e di lui si sa poco. Non è un uomo noto, la gente non si ricorda di lui. Al suo ultimo matrimonio, raccontato in questo libro, Teresa Ciabatti c’è stata davvero. Una delle tante storie, questa tra le più emblematiche del romanzo, che la realtà regala alla letteratura rendendo chiaro che la più grande fonte di ispirazione è la vita vissuta, quella che non capiamo e che un libro, se ci va, può restituirci più chiara.

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