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Lo specchio di bronzo di Irina Ermakova

Suonami qualche cosa che sia caro, qualcosa tratto dal gelo perenne

di Isabella Serra

 

Lo specchio di bronzo è il titolo dell'antologia di versi della poetessa russa Irina Ermakova, tradotta e curata da Alessandro Niero. L'antologia, preceduta da un'approfondita introduzione e corredata da note esplicative a fine libro, è uscita per Einaudi nella Collezione di Poesia e si basa sull'antologia approntata da Ermakova stessa Mednoe Zerkalo, uscita per la casa editrice moscovita O.G.I. nel 2023.
Irina Ermakova, nata in Crimea nel 1951 e tuttora residente a Mosca, esordisce nel 1991 con la raccolta Provincia, a cui seguono numerose altre raccolte, fino alla più recente, Piu facile del facile, del 2021. La poetessa ha ricevuto diversi riconoscimenti letterari in Russia e nel 2008 il premio Lerici Pea Mosca.

Il libro si apre, per volontà della poetessa, con il componimento Acceso un falò ho alimentato la fiamma, elaborato tra il 2016 e il 2019, in cui viene descritto l'evolversi di un rito sciamanico affidato a uno stregone. Il rito sembra voglia esorcizzare o semplicemente inaugurare un tempo diverso: il tempo del sommovimento degli ordini, della malattia della terra, dell'inasprirsi degli animi: Il tempo si è infiammato, distorto./ Si è deformato il corpo della cara terra./ Stesa sul mondo di mezzo, una nebbia ingorda/ non dà respiro ed è roco il mio tamburello./ Si è immemori di tutto. Ci si mangia l'un l'altro./ E il dolore altrui nessuno avverte.
Seguono poesie tratte dalle varie raccolte, che contemplano diverse tematiche, a prova di un ampio ventaglio poetico a cui non va disgiunto un timbro unico, non confondibile, permeato da note di accesa disillusione, ma congiunto irrimediabilmente, come vuole la vera poesia, a una 'spiccata propensione al volo', all'incursione metafisica cara ai poeti, specie quelli russi.

Tra i temi più importanti, perché ricorrenti, vi è il tema del mito, forse per la comunanza di un luogo, la Crimea, identificata come l'antica Tauride, terra di reminiscenze antiche, o più semplicemente perché la letteratura contemporanea è solo un effetto di quella antica. O, ancora, forse perché Irina Ermakova sa che la natura malata della nostra civiltà può guarire, rinascere o anche solo essere attraversata dalla luce, soltanto se ripopolata da divinità, dalla presenza del sacro: Apollo, Afrodite, Pan, Eros... non sono altro che le energie che abitano il nostro essere più nascosto e che nei loro movimenti ci conducono verso ideali di bellezza, di salvezza... o di rovina, se incomprese e mal gestite.
Ecco Pan dalle zampe di caprone cornuto irsuto di fetido pelo, il cui richiamo strazia/ ben bene i cuori, non solo agli dèi irosi, ma anche ai pastori nei letti gelidi di Mosca e ai soldati morti dispersi sulle montagne lontane. Ecco Odisseo, che tutti hanno visto affrettarsi verso il mare,/ abbracciando le spalle olivastre della sua Odissea, e che per una sincronicità fonica, sembra, il semidio, abbracciare e lasciare la sua Odessa, città prima appartenente a un'Ucraina sovietica e poi a un'Ucraina indipendente. Ecco Penelope, nella poesia Ulisse, che disillusa canta: O mio prezioso, o mio frusto Nessuno, ti scrivo su aridi frammenti di vento. Fino al dialogo che sovrasta l'antica lotta fra Amore e Morte, nella bella poesia Eros a Thanatos, dove un fragile eppur baldanzoso Eros sconfigge Thanatos, inaspettatamente e di nascosto.

Altro tema è quello della natura, una natura che si abbevera e a sua volta fiorisce dalla ricchissima e peculiare tradizione della natura nella poesia russa: una natura che sente e comprende perché estensione delle nostre stesse membra, una natura che ci conduce e che ci fa da guardiana, che ci rivela e che compie l'opera della trasfigurazione.
Con e attraverso la natura la poetessa evoca visioni, episodi biografici, riflessioni, si immedesima, personifica: Alzala pigliala per il giubbetto! è lei,/ giubilo e gemiti di primavera;/ sopra la testa della folla ammirata ascende in cielo tirata dai ganci/ lei, primavera fluttuante. 
Non mancano le incursioni nella realtà post-sovietica, con scene sconcertanti popolate da personaggi tratti dalla realtà quotidiana del tempo. Sono queste le poesie di Alveare dove morte e bellezza fanno da contrappunto.
Altre sono le poesie che cantano l'intimità e il tepore familiare, la convivialità, il buon cibo, l'amicizia, l'amore. Da segnalare la splendida poesia Aspetta, resta ancora un po' con me, che mette in luce come la poesia sa dove arrivare per mettere in scacco il lettore; la vera poesia non lascia scampo, non vi è né bene, né male: nella profondità del buio, gli incastri con il bene sono infiniti e spietati, non c'è regola che sottenda al mirabile gioco delle sovrapposizioni poetiche che evocano, come la Ermakova sa fare, sempre il luccichio di un'estrema vampa. La riporto qui per intero, nella bella traduzione che ne fa Niero.

Aspetta, resta ancora un po' con me,
prima del buio c'è ancora tempo.
Suonami qualche cosa che sia caro,
qualcosa tratto dal gelo perenne.

Le rondini, utili l'una all'altra,
radunano le cose alla finestra.
Un baleno randagio verso sud
nel silenzio totale agiterà la coda.

Liceità divina. E, impaziente,
il crepuscolo sballotta la casa.
Qui imbrunisce sempre piano piano,
qui imbrunisce a malincuore, a stento.

Aghi minuti pungono le dita,
imbastiscono la tela del suono.
Nessuno li vedrà i nostri trastulli.
Osserva, ormai si è fatto scuro.

Procede il buio. Ma, forse, dall'ombra,
dalla sferica ombra echeggiante,
si affaccerà una pianta ardente -
il luccichio di un'estrema vampa.
In dono.

Infine la sezione Carboncino scarlatto su seta nera, dove l'autrice si finge traduttrice e curatrice di una poetessa giapponese del XII secolo, Yoko Irinati. I microtesti che abitano questa parte diventano così un affascinante innesto tra il timbro russo e i tanka giapponesi.

Il lavoro di traduzione e curatela di Alessandro Niero è vasto, preciso e appassionato, considerando la ricchezza polisemica e tematica dei testi dell'Ermakova e il mondo altrettanto ricco e complicato di un'autrice che non rinuncia, giustamente, a rendere una poesia inattaccabile dalle correnti rovinose dell'esperienza terrena, usando varie strategie oltre la lingua e il significante, prima fra tutte la contraddizione.

Al talento di Niero si aggiunge la compartecipazione della stessa Ermakova che ha offerto al traduttore e curatore la possibilità di accostarsi al suo laboratorio poetico. Il risultato è una resa quanto mai vicina all'originale, anche in termini di forma, non necessariamente metrica, giacché è impossibile, se non solo con le poesie che si prestano, ma musicale, fluente, puntuale e totalizzante.

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