di Davide Rondoni
"Poeti italiani nati negli anni '80 e '90", Vol. 1, antologia a cura di Giulia Martini, Interno Poesia, 2019
A che serve un'antologia?
Escludendo l'idea di un gioco sempre meno credibile e sempre un po' ridicolo del "dentro/fuori" (in tale senso non ha funzionato nemmeno quella di Mengaldo "dettata" da Sereni, figurati le altre - hai voglia a inserire il povero e pur bravo Calogero e non Testori o Bigongiari...) e anche escludendo la pratica dell'ancor più inutile e banale operazione di vetrineria, o di panorama, ammesso che abbia un senso tale espressione (e si tratta di operazioni favorite meglio ormai dalla rete), ci si aspetta dunque da un lavoro antologico una capacità di sintesi, un necessario gesto critico.
Un gesto critico, si badi, non è necessariamente fissare valori già storicizzandoli, può essere anche solo una indagine. Del resto, presumere di "storicizzare" a così poca distanza di anni dalla edizione (o nemmeno) dei libri di questi uomini e donne entrate nella mezz’età, da parte di una coetanea, non credo sia lo scopo plausibile di tale lavoro e nemmeno mi pare lo dichiari.
E dunque a che pro? Credo appunto si tratti di una indagine, sostenuta anche in modo editoriale da un comunicatore come l'elegante Cati di Internopoesia per affermare meglio il suo lavoro che certo procede con ventagli larghi e quindi abbisogna di punti di sintesi per non diventare una delle tante case editrici che in passato (e anche ora) han sfornato in modo un po' compulsivo vagonate di libri di poesia con il risultato di confondere più che indirizzare. La prefazione di Giulia Martini, scritta con garbo e un filo di sana ironia, cerca di tenere una barra, di esprimere una idea di sintesi: sono poeti di una generazione che cerca una via di ritorno dopo troppe vie di fuga.
Giulia Martini vede in questi cinquantanove testi il segno di una poesia che esiste "per lottare contro un’assenza, per tornare a casa". Una lettura dunque, e giustamente, più esistenziale che critico-stilistica.
L'ipotesi è suggestiva e anche originale, del resto Auden chiamò la nostra "età dell'ansia" e all'ansia si oppone solo la presenza (l'affectus, il legame) e il senso di una casa.
Giulia però non ha qui le pagine e il tempo per approfondire troppo, anche se tra citazioni di Gadda e qualche regesto delle presenze offre qualche valido spunto. Del resto non può assumersi fino in fondo la responsabilità di documentare a fondo e di fare davvero un suo viaggio come curatrice. Sarebbe impossible. Così a ogni prefatore, in una caleidoscopica galleria di poeti, spetta di fare un minisaggetto di inquadramento degli inclusi, non curandosi troppo della ipotesi unitiva proposta in cima al libro dalla principale firmataria e "colpevole".
La prima parte della antologia data alle stampe da Internopoesia mi ha confermato il valore e la vivezza di alcune voci, mi ha fatto scoprire talune voci promettenti, mi ha comunicato la noia iperletteraria e ipermentale di altre. Ogni antologia procura un sacco di guai a chi la compila da parte di coloro che pensano alla poesia come una gara di cavalli o un combattimento di galli e galline. Mentre è una offerta, difficilissima, dolente e meravigliosa offerta.
Mi è parsa acuta la nota con cui Michele Ortore accompagna le vivaci poesie di Bernardo Pacini, buone le poesie di Ibello, magari da sfrondare di qualche ricerca d'effetto speciale, mi sono parse degne di nota le voci che già conoscevo di Celeste, Rimolo, De Gennaro, vivide pur con qualche vezzo e cedimento a novella quelle di Marra, una bella scoperta per me quelle di Milleri, capaci di verticalità e di deviazioni visionarie.
Mi sono parse forse sproporzionate talune prefazioni, quasi più lunghe delle pagine di poesia comprese, ma capisco il tentativo di dare un ritratto dell'autore e non solo degli exempla. In definitiva un libro (primo di due) interessante. Non tanto come antologia o ritratto di una presunta generazione (nati negli ‘80 e ‘90) come erroneamente strilla il titolo, infatti mancano nomi per me più interessanti di questi e tali divisioni in generazioni sono fuorvianti. Se si adottassero, allora Montale, Quasimodo, Luzi, Caproni sarebbero tutti accomunabili in un'unica "generazione", ma lo storicismo in arte fallisce sempre, e le generazioni, come ha detto qualcuno, sono verticali, ovvero le diverse nascite e origini accadono verticalmente e diagonalmente nel tempo. L'interesse sta dunque nel rischio del gesto, in quelle voci interessanti, e anche, per chi abbia voglia di confrontarsi, nelle sue possibili debolezze. Come se la Martini ci avesse invitato con cordialità e generosità (non penso che Cati l'abbia riempita di quattrini per convincerla) a fare una passeggiata in una parte del ricco e vario giardino della poesia, che essendo un'arte e non un’essenza vive e avviene in poesie belle da conservare, mediocri da evitare, brutte da dimenticare. E poiché io amo passeggiare, vedere e sono curioso e mai prevenuto, ringrazio Giulia del suo "invito".
Mi piace l’immagine della passeggiata nella poesia, come fosse un giardino che offre al visitatore la sua ricca e multiforme varietà di colori ed odori.