di Flaminia Colella
Ha inaugurato il 22 settembre, in Galleria Portanova12, a Bologna, la mostra che rende omaggio alla vita e alle opere del poeta siciliano Bartolo Cattafi.
Eva Laudace (poetessa membro del Consiglio direttivo del Centro di Poesia contemporanea dell’Università di Bologna) è madrina e organizzatrice dell’evento, insieme al direttore artistico Massimo Cattafi.
La poetessa ha accolto i visitatori, nella serata inaugurale della mostra, illustrando l’anima e la prospettiva tutta particolare sottese all’iniziativa: si è scelto di far risuonare, in accordo alle opere d’arte di artisti contemporanei, la musicalità del verso dell’autore tributato, tra i grandi del nostro ‘900, secolo disseminato di pietre preziose troppo spesso sconosciute e che meritano di essere scoperte e rilette.
In mostra le opere a firma di: Nic Alessandrini, Awer, Bambi Kramer, Andrea Casciu, Valeria Cavallone, Chekos, Mariana Chiesa, Crisa, Alessio Defendini, Dissenso Cognitivo, Marco Filicio, Four Bones, Lisa Gelli, Lufo, Miles, Noeyes, Opiemme, Claudia Palmarucci, Maria Pia Picozza, Rufoism, Giulia Sensi, Ufficio Misteri.
La serata di inaugurazione ha visto al centro della scena un happening estremamente suggestivo: ai 4 lati della sala principale della galleria alcuni ragazzi del Centro di Poesia dell’Università di Bologna leggevano poesie di Cattafi, per una persona alla volta. La lettura, ricreata intimamente, consente agli ascoltatori di accedere alla dimensione specifica e privilegiata della poesia, pur rimanendo nel mezzo di un evento corale, collettivo: la pittura, con la sua potenzialità visiva, e la poesia, con il suo afflato simbolico e immaginativo, si alleano e diventano riflesso, in questo modo, di un unico respiro, quello della tradizione e della potenza dell’arte che possiedono davvero qualcosa da trasferire e da cui trarre ispirazione per chi rimane, dopo il loro passaggio.
La formula adottata dai curatori si innesta nel solco di una sperimentazione che ad oggi ha tutto il sapore di un ottimo collaudo: mettere temerariamente in dialogo gesti artistici diversi, consentendo (quando il tentativo è riuscito) agli spettatori di recuperare quella cara immagine che l’immaginario collettivo conserva tutt’oggi, ossia quella del cenacolo, dell’atelier dell’artista aperto al mondo.
Erano spazi in cui il dialogo e il confronto non finivano, luoghi in cui gli uomini, prima ancora che gli artisti, si trovavano e cercavano di nutrirsi a vicenda.
Stiamo assistendo al ritorno di questa possibilità e di questa urgenza, e quando ciò avviene nella misura della mostra-tributo a un grande poeta, come in questo caso, regalo per tutti i bolognesi e non che hanno avuto il piacere di visitarla, non si può che essere entusiasti.