Nota a “Se scendevi per strada” di Daniele Giustolisi

di Alessia Iuliano

Un altro giro di storia, la poesia di Daniele Giustolisi rivela un’altra versione della storia, della vita, forse più vera. Ha una voce pacata, quieta che in una prima lettura cela i ritmi nascosti di questo libro, Se scendevi per strada, edito nel 2019 per il marchio editoriale Capire edizioni.
Ma Giustolisi, oltre alla sua formazione letteraria, opera anche come musicista, come batterista e la portata del ritmo sul quale si propone di comporre i suoi versi è quella del metronomo, del tempo.
Il tempo di questa raccolta sta dentro ogni movimento reale che vive e poi muore e la poesia si fa candore, conosce il silenzio e la sua consolazione:

“tra queste mie case
resta l’amore e uno strano dolore
il suo starci dentro a ogni movimento
che vive e poi muore
tiene la punta del mondo
conosce il silenzio e la sua consolazione”

La bellezza del solo vivere, quella che trapassa lo spazio ferito/ del nostro solo andare fa da padrona in una raccolta che invita il lettore a mettere da parte i fronzoli, la retorica facile e guarda a un unico destino. L’unico.
Daniele è siciliano, di Catania, e l’isola e la sua luce dura, come il suono della voce dei suoi abitanti, è una delle chiavi di lettura di una poetica che non cerca le accensioni delle meteore ma la ieraticità, la devozione al vivere, ai suoi elementi:

“sarà che questa pioggia non arriva
e il sole non torna,
sarà che manca lo spasso
il sole di una piazza isolana
un’ora che non abbia più etica

e se non fosse ora per questa soglia d’ombra
avresti cantato per sempre giuni russo
perché cantavi meglio di lei le sue canzoni
ma perse le bussole altro è il tempo ora

a chi appartengono i nostri volti?
a chi?

credimi
non tradiamo le pietre che ci parlano
fedeli
non mute
ma silenziose
guardiamoci attorno
vegliamo
odoriamo gli odori

stiamo vicini nel vuoto che abbuia
stretti come l’ultima notte prima del mondo
ci toccherà essere un po’ come profeti”

Anche quando compare Bologna, Giustolisi non manca di precisare in apertura della sezione centrale dal titolo una bologna mille città, che qui, in questa raccolta le città non segnano confini geografici ma guardano a una collettività, una universalità così come si evince dai versi:

“tu se scendevi per strada
era senz’altro per dilatare la vita
che ti sbatteva in faccia,
non per curvarti
e perderti i volti accanto che ci passano, bellissimi [...]”

La vita si può dilatare, si può amare e soltanto immergendovisi, pienamente, con consapevolezza e senza riparo si può essere più veri della realtà che appare, smettere di essere decorazione e diventare presenza come quando in una delle ultime poesie Giustolisi scrive:

“sei stata più vera delle realtà”
ha scritto senz’altro un poeta
su di un muro che li ha visti amare tutti
e poi sparire,
tra questi milioni di passi sulla stessa zolla
sei passata anche tu, vero?

ma solo i gabbiani di brighton ci pensi
rimangono a volare
cerchi di cielo
sulle cose limpide da amare

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