Il castello delle visioni

Le vie della fede al museo di Castel Sant'Angelo a Roma

di Lisa Scotoni

Una delle condizioni fondamentali dell’essere umano è la ricerca di una dimensione che liberi l’animo dall’attaccamento ai fatti più effimeri e brutali del mondo, ma nella Modernità ci si chiede se sia ancora possibile concepire una civiltà le cui manifestazioni vitali partecipano alla benedizione celeste di un senso eterno. Una riflessione che ha attraversato i secoli e che riemerge nella mostra intitolata “Le vie della fede. Testimonianze d’arte e di pensiero” al Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo dove sono esposte opere di soggetto religioso in cui ogni forma è veicolo di una spiritualità legata ai modelli sacri della tradizione.
L’ineffabile è il soggetto reale e come Dio si esprime rimanendo silenzioso nel mondo, così nell’arte l’Infinito si delimita oggettivando la sua visione senza che il suo archetipo universale venga realmente circoscritto. “La forma di una cosa” dice Boezio “è come una luce mediante la quale la cosa viene conosciuta” e in quanto tale spiccano di conseguenza alcune qualità intrinseche della materia espressione dell’opera come accade, per esempio, nella vetrata policroma della Sacra Famiglia contemporanea di Giovanni Hajnal o nel rosone della basilica di Santa Maria Maggiore a Roma e dell’Aula delle Udienze Paolo VI in Vaticano delle quali viene esposto in mostra il bozzetto, sempre dell’artista ungherese, realizzate pensando che il bagliore del giorno, nella differenziazione del chiarore del sole attraverso la dolce predominanza nell’utilizzo del colore blu, divenisse così rivelatore della ricchezza interiore richiamando allo stesso tempo l’ontologia dello splendore divino che si attenua divenendo Grazia nel momento in cui si rifrange nell’animo umano.
Un’arte nata da un’eredità artigianale mirante a trasformare la materia bruta in capolavoro similmente allo Spirito divino capace di elevare l’uomo e il cui apice viene forse rappresentato dalla pratica dell’oreficeria che ben si presta nell’opera di Omar Galliani, l’unico artista vivente esposto in mostra, intitolata In fede e realizzata con anelli dorati disseminati su carta bianca e polvere di matita. Figura fondamentale per la comprensione dei misteri della fede ai giorni nostri e per l’esposizione stessa che ha scelto la sua Assunta del 1998 come immagine guida, ma che raccoglie nelle sue sale anche il recente trittico Per Santa Teresa d’Avila del 2016 e opere precedenti tra cui la Ri-annunciazione di un’Annunciazione del 1976 e il suo Blu oltremare del 1997. Nel cristianesimo però l’immagine divina per eccellenza è senz’altro l’incarnazione del Verbo, la natura umana del Cristo rappresentata spesso nel momento della sua massima sofferenza come nel caso del caravaggesco Ecce Homo di Bartolomeo Manfredi o nella più recente e angosciante Crocefissione di Mario Sironi, ma anche la Vergine è un punto di riferimento fondamentale per la tradizione riuscendo a raccontare con la sua sola presenza la figura acheiropòietos del Figlio con cui manifesta una polarità ricca di significati di cui è espressione con tutta la sua forza evocativa, per esempio, il Riposo durante la fuga in Egitto di Orazio Gentileschi e la quasi evanescente Mater purissima del napoletano Domenico Morelli.
Le figure dei santi invece sono indirettamente una proiezione delle virtù di Gesù Cristo e, per citare solo alcune delle opere presenti in mostra, comprendono L’incontro tra San Francesco e San Domenico di Federico Zuccari, la Maddalena penitente con teschio di Bernardino Mei, il Martirio di San Sebastiano di Rutilio Manetti e alcune realizzazioni di Mario Sironi risalenti agli anni ’40 del secolo scorso. Venanzo Crocetti con lo Studio per la Porta di San Pietro e il suo Bozzetto definitivo in bronzo propone poi la simbologia del portale che, rappresentando il passaggio al regno di Dio, riassume la natura dell’edificio sacro a cui dà accesso, ma molti altri sono i riferimenti che si possono trovare all’evento inaugurato lo scorso 22 gennaio nella Sala della Biblioteca e organizzato dal Centro Europeo per il Turismo Cultura e Spettacolo sotto la cura di Mariastella Margozzi, fino a pochi mesi fa Direttrice Musei Statali della Città di Roma, con la collaborazione di Stèphane Verger e del cardinale Angelo Comastri.
L’esposizione, accompagnata da un catalogo edito da Gangemi Editore, sarà visitabile fino al prossimo 30 giugno in un luogo, Castel Sant’Angelo, legato alla storia della Chiesa sin dal 590 quando da mausoleo fu trasformato in fortezza pontificia e che questa volta apre le sue porte per introdurre lo spettatore in una realtà sempre più prossima all’inaugurazione del prossimo Anno Santo in cui Roma ritorna, come accade ormai dal 1300 ogni venticinque anni, ad essere al centro del mondo in un anelito di ricerca e rinnovamento spirituale di cui la mostra, indagando il rapporto tra arte e fede, è solo un primo passo.

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