Il primo libro di Valentina Colonna ha tutta la freschezza della percezione inedita delle cose, espressa in un linguaggio decostruito solo fino al punto da restituirci la matrice della loro esperienza – non tanto un linguaggio che canta ma che suona sì, di un legato sottile che passa attraverso velate corrispondenze e rimandi inapparenti ma materiali
“La cadenza sospesa” (Nino Aragno 2015) racconta l’esperienza – e già la sua memoria – come una miscela, ancora utile, di incanto e disincanto, di perdita che genera la prossima vita, di scelte che reggono il futuro
vorrei citare bene, come forma di un apprezzamento sincero e utile:
Esercito le dita ogni notte
ad agganciare l’alba. Poi l’ombra
annotta anche il giorno.
…
Questi paesaggi che scorro
mi avvicinano a te,
terra dei mesi allegri,
dei semi piantati all’infanzia
di ogni anno.
…
Le nubi hanno l’abitudine
di inventare i paesaggi.
…
Io non sono per gli altri che altro.
Sono ciò che non sanno,
che tace il senno.
Io non sono che nulla
nell’inattuale molto
che la mente scansa.
…
Tutto stamane rifugge
il suo posto naturale:
la lucertola imbocca rapida il tubo
vuoto delle scope e il cucchiaio
al contrario rigetta l’acqua.
Questo sparire
di visioni è
la più normale fuga
di chi gioca all’alba con i fatti.