Il lievito dell’Imperatrice

di Davide Rondoni

Imperatrice Bruno, Materia verticale, Nulla Die 2024

"Materia verticale" (ed. Nulla Die 2024) è un libro visionario, un po' bizzarro e molto serio. L'autrice, Imperatrice Bruno, tradisce già nel nome sontuosità e origini campane. Ci fa sapere che studia alla Bocconi. Ma più di tutto conta il testo che lei, a un terzo libro, ci offre e subito scantona da una certa poetica del quotidiano-poco-interessante che viaggia in miriadi di libri di odiernissimi poetini, molta frègola e apparenza, molta scrittura e anime morte. Il lessico delle poesie della Bruno è piano ma la temperatura incandescente, nutrita di molta cultura e di furie giovanili. Cosa muove, cosa perturba questi testi? Un "daimon" ci avvisa Giancarlo Pontiggia nella prefazione dove appare disorientato pur se poeta colto dinanzi a un libro "febbrile, selvatico e audace, che ha la consistenza di un labirinto e la vastità di un cuore che ama". In effetti è un libro dove la vita sembra appunto di una "posseduta", tra acute visioni, incontri d'eros furente, dolcezze familiari e attese, e una araldica di immagini che sottende saperi occulti e tramandati. Ma una lettura puramente psicologica ci trarrebbe in inganno. Non è il consueto viaggio dell'io lirico attraverso la poesia, ma un libro sapienziale. In esergo, non a caso, la poetessa mette una citazione dal Vangelo di Luca dove Gesù paragona il "regno di Dio" a una "misura di lievito che una donna ha preso e mescolato in tre misure di farina perché sia tutto lievitato". Insomma, mica la solita citazione della Merini o della Plath. Ecco, in queste pagine tutto lievita. Ma occorre distinguere tra "levitazione", cioè quel prodigio o trucco che ci fa vedere i corpi a mezz’aria e la "lievitazione" che è invece una trasformazione interna alla materia - piena di tensioni e lacerazioni e attrazioni - grazie alla quale un miscuglio di farina e acqua diviene un bel pezzo di pane o la vita pur con le sue contraddizioni e ombre si rivela regno di Dio. Ecco, è il libro del lievito e della materia. Un libro colmo di maternità - non a caso, primo luogo di lievitazione - e poi di viaggi, di amanti, di visioni in preda al daimon, di sospensioni di attimi... La vita è visitata dal lievito, vita che è tutta nella tensione a essere parabola, racconto, metafora che svela la presenza del regno di Dio. Se non è come dico, dovremmo rubricare la Bruno tra le pazze furiose. Ma è come dico, che Dio mi fulmini se non ci prendo (come diceva Tex Willer). Si accettano scommesse.
Non che un rametto di follia (come si dice in Romagna) non sia presente tra le pagine - quale poeta ne è privo - ma non si intenderebbe la forza anche sconcertante di queste poesie che, pur con esiti e riuscite diverse, e con qualche compiacimento o ridondanza, ci portano dentro una materia in lievitazione se le si intendesse solo come una delle ennesime poetesse forsennate che piacciono tanto a chi forsennato non è. No, qui siamo dentro una serie di big bang continui (e infatti lo sono i baci, gli incontri, le conversazioni che affluiscono sulle pagine, tutti big bang di lievitazione) siamo dentro qualcosa che "sta succedendo" e trasformando la vita. A differenza appunto di tanta presunta poesia che pare nascere postuma alla esistenza, suo intellettualistico regesto, quando non piccola lapide, quella di Imperatrice Bruno sta nella fornace, appartiene alla tradizione dei "maledetti" dalla borghesia letteraria, ovvero quella tradizione di persone che nella poesia si giocano l'anima non il posticino in un'antologia o un applauso.

Lascia un commento