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Le profondità di Ivonne

di Federica Ziarelli

Ivonne Mussoni, Sirene, Giulio Perrone editore 2021

Io e mia sorella chiedevamo continuamente alla nonna di raccontarci l'incontro di Ulisse con le Sirene e ogni volta quella sensazione di sospensione, di attesa palpitante, di sottile e conturbante timore.
Mi sono interrogata di frequente sull'origine profonda di quest'attrazione e non potendo darmi risposta, ho cercato di trovare informazioni su queste enigmatiche creature leggendo numerosi libri, guardando film. Nel frattempo, per dieci anni, ho frequentato assiduamente la piscina percependo l'acqua come mio elemento elettivo e insieme intuendone il legame con un'antica nostalgia, quella del grembo materno di certo o anche, forse, di quel primordiale tempo in cui il mondo creato era ancora soltanto una realtà sottomarina.

Immortali e immutabili, dato che appartengono al mito, le Sirene però sono state trasformate molto spesso dall'immaginazione di poeti e artisti. Le vediamo così tramutarsi da uccelli sinistramente artigliati e con testa femminile in seducenti donne dalle braccia morbide e dalla coda di pesce, non senza una fase intermedia in cui le code sono due, e s'inarcano additando la circolarità dell'esistere.
È in quest'ultima forma che le incontriamo sulla copertina splendidamente turchese della silloge poetica di Ivonne Mussoni, pubblicata nel giugno 2021 da Giulio Perrone editore.
In Mussoni, appare subito limpido il senso di fascinazione verso i fondali del mare, che sono sì avvolti dall'oscurità perché distanti dalla luce solare, ma in quel buio c'è un istinto di respiro/ che spinge in superficie le balene.
Persino i pesci, abitanti degli abissi, possiedono una sorte migliore e più leggera di quella umana considerando che sono nel mondo senza il peso del mondo.
Le Sirene, incarnando la potenza delle maree e delle tempeste, rappresentano l'archetipo femminile, con il suo potere generativo, il suo incanto, la sua perfezione ma soprattutto, da figlie di acque profonde, sono in grado di sentire e farci sentire più forte il bene, di osservare in volto le ombre e disperderle per poi raccoglierle come il sale negli angoli/ dove si battono le mani/ per mandare via i fantasmi.
Tutto quello che appartiene allo spazio esistenziale delle immensità sommerse si distanzia subitamente da ciò che è immobile e superficiale, infatti il vero canto, la vera vita si negano/ a chi cammina sempre troppo attento/ come dentro ai cimiteri.
Per Ivonne il pieno vivere non risiede nella compostezza ma, al contrario, in quel richiamo che ci mette in ascolto e ci conduce a smarrire la rotta, a ritrovarci dopo essersi persi, lì dove per la prima volta siamo davvero, per poco, esistiti. E allora dovremmo guardare alla Sirena, che nell'intento di avvicinarsi all'essere umano, che è incapace di restare di faccia all'abisso, è disposta a rinunciare al suo mondo (“per la tua, la vostra noia terrestre/ sono emersa dall'acqua”) alla tranquillità, al “conosciuto” insegnandoci che la paura ispira il coraggio e dunque la sacralità dell'esistere.

Ivonne Mussoni risalendo tutto quello che trascina, che è il moto più accanito dell'amore, ci istruisce con un linguaggio freschissimo e potente, sull'altezza della poesia, che è tale per chi sa osare il volo nel tentativo di trovare qualcosa di perduto, la parte più segreta e autentica, come un'amica lontana, la Proserpina fiorita, che strappata dalle braccia di Ade nefasto, può far fiorire pure noi.

*
Terzo cerchio

Ringraziare i popoli sotto le onde
per certi cuori inaffondabili
per le ali grandi delle mante
rimanere nell'acqua bassa,
fare il morto a galla
riconoscere il piano nostro della terra
dove quasi nuovi, quasi salvi riemergiamo.
Come tutti quelli che rinascono
dal fuoco e dall'oceano.

*
Attraverso me poteva spiare l'invisibile
ricordare cosa c'era
prima che ci fosse giorno e notte
prima del firmamento
che separa le acque dalle acque.

*
Dovevi tenermi come un corallo
nato da un ramo e dal sangue
del mostro più triste,
farmi amuleto contro la morte.
Ma l'abisso in te faceva risacca
e i giorni ti sbattevano addosso
l'orrore di quello che splende sott'acqua
ma è pietra nel vento.

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