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Le finestre di Menotti Lerro

traduzione e commento a cura di Menotti Lerro

La conflittuale coscienza civile in Carlos Barral.

Il primo dei cinque componimenti che aprono la sezione Hombre en la mar nella raccolta poetica Diecinueve figuras de mi historia civil (1961) del poeta catalano Carlos Barral, rappresenta un’efficace testimonianza di coscienza in merito alla differenza tra classi sociali:

 

 

Porque conocía el nombre de los peces,

aún de los más raros,

y el de los caladeros, y las señas

de las lejanas rocas submarinas,

me dejaban revolver en las cestas,

tocarlos uno a uno, sopesarlos,

y comentaban  conmigo abiertamente

las sutiles cuestiones del oficio.

Porque entendía de nudos y de velas

y del modo de armar los aprejos,

me llevaban con ellos muchas veces;

me regalaban el quehacer de un hombre.

Sentía con orgullo

enrojecérseme las manos al contacto del cáñamo,

impregname

un fuerte hedor a brea y a pescado.

Sabía casi todo de aquella vida simple,

de aquel azar diario y primitivo.

 

 

[Poiché  conoscevo  il nome  dei pesci, / persino  dei più rari, / e quello  dei fondi  pescosi, e il sito / delle lontane  rocce sottomarine / mi lasciavano  frugare  nelle  ceste  / toccarli a uno  a uno,  soppesarli,  / e discutevano con me apertamente / i sottili segreti del mestiere. / Poiché  m’intendevo di nodi  e di vele / e del sistema d’armare  i paranchi,  / con loro mi portavano più volte, / m’offrivano in dono  il lavoro d’un uomo. / Sentivo con orgoglio / le mie mani arrossarsi al contatto della corda, / e impregnarmi / d’un forte tanfo di catrame e di pesce. / Sapevo quasi tutto  di quella  vita schietta, / di quel rischio  quotidiano e primitivo.]

 

Sebbene il componimento sia scritto senza divisioni in strofe, si potrebbe scomporre lo stesso in due parti ben distinte. I primi diciotto  versi chiariscono in modo conciso la conoscenza che l’io poetante (che in questo caso coincide con l’autore) ha del mare, o quanto meno viene evidenziata una conoscenza come nomenclatura: i nomi dei pesci, «aun de los más raros», quelli che solo i pescatori conoscono; i nomi dei «caladeros», il saper intrecciare «nudos», il nominare «velas», «aparejos», «las sutiles cuestiones del oficio». Questa padronanza  dei nomi introduce  un soggetto che sembra ormai parte integra con l’ambiente dei pescatori, come si evince dai versi 17 e 18: «Sabía casi todo de aquella vida simple, / de aquel azar diario y primitivo» («Sapevo quasi tutto di quella vita schietta, / di quel rischio quotidiano e primitivo»). Ma la frattura, violenta e inaspettata, arriverà prontamente a partire dal verso successivo (v. 19), un verso che stravolge quanto  detto  precedentemente e spiazza il lettore.  Da qui, come ha chiarito Carme Riera, emerge «la distancia social que media entre los pescadores  y el subjeto poético».

 

 

Sólo que aquella ciencia era lujosa.

No supieron contarme

o no pude entender  cómo era aquello

en los días peores, las amargas

semanas de paciencia,

cuando el viento del norte

roe las entrañas y se harta la pupila

de escudriñar  los cielos,

en los días confusos,

cuando el mar de borrosos contornos

es sólo como un cascote de vidrio

semienterrado  en el fango,

un desagradable  incidente o una trampa

para los que pasan corriendo

ciegos bajo la lluvia.

 

[Ma la mia scienza era soltanto  un lusso. / Non seppero  raccontarmi / o non  riuscii a capire  come andava  / nei giorni peggiori,  nelle amare / settimane  di costanza,  / quando il vento  del nord / rode le viscere e l’occhio si snerva / a scrutare  ogni punto  del cielo, / nelle giornate incerte,  / quando  il mare dai contorni  indistinti  / sembra  soltanto  un rottame  di vetro / semisepolto  nel fango, / un fatto sgradevole o un tranello / per  coloro  che  passano di corsa / ciechi sotto  la pioggia].

 

 

Con il verso 19 – che è il primo di questa seconda sezione – d’improvviso il poeta svela la propria  presa di coscienza, svelando cosa mancava a “quel bambino”  per poter essere realmente considerato  un piccolo pescatore: «Sólo que aquella ciencia era lujosa» («Ma la mia scienza era soltanto un lusso»). È questo il verso che delimita la frattura della poesia in due parti distinte e suggerisce l’incolmabile distanza tra le due classi sociali. Il lusso cui fa riferimento  Barral è di un bambino, appartenente alla classe alto-borghese, che i pescatori erano soliti portare sulle barche, così, per gioco, senza mostrare a quel “signorino”  gli aspetti più crudi che la pesca, in realtà, presenta. Un’attività che, se costituisce un lavoro, perde rapidamente quel velo romantico e giocoso. Il bambino impara il linguaggio esteriore, i nomi dei pesci, dei luoghi, i posti migliori dove gettare le reti, ma non apprende, potremmo  dire, a scrutare la tempesta, a patire sofferenza e dolore. Quegli aspetti  così feroci e ostili di quel mondo, saranno scoperti dall’io poetante solo più tardi, con il trascorrere degli anni, come si evince nei quattordici versi finali. È la propria  coscienza civile a permettere  al poeta di comprendere il vero volto del lavoro dei pescatori, attività che aveva con tanta  leggerezza idealizzato nell’infanzia. Lo sguardo poetico può cogliere le sensazioni degli uomini di mare, esplorando  e riproponendo quanto nell’età della fanciullezza non aveva colto nei giorni delle uscite spensierate sulle barche.

 

Carlos Barral nacque a Barcellona nel 1928 (dove morì nel 1989). Natura plurima di artista – traduttore, saggista, editore e poeta – è considerato uno degli scrittori più complessi ed ermetici della sua generazione. Tra le  sue pubblicazioni emergono, oltre alle raccolte poetiche dove l’io è rivolto su se stesso e alle vicende della propria  nazione, tre volumi di memorie, e pertanto  la sua opera è a giusta ragione considerata fortemente autobiografica. Laureatosi in giurisprudenza  nella stessa città natale nel 1950 (c’è da dire che questo tipo di laurea, in quegli anni, rappresentava spesso un ripiego per coloro che desideravano  in realtà svolgere un lavoro diverso da quello che l’indirizzo di studi prevedeva), la sua esistenza fu particolarmente legata agli elementi che appartengono ai paesaggi che evocano il mare e che richiamano la costa catalana.

 

Menotti Lerro, poeta e narratore, insegna Cultura e Civiltà Inglese presso un istituto universitario di Milano. Ha conseguito un Master of Arts presso l’Università di Reading, UK, e un Dottorato di Ricerca sulla poesia inglese e spagnola contemporanea presso l’Università degli Studi di Salerno. È del 2012 il volume Raccontarsi in versi. La poesia autobiografica in Inghilterra e in Spagna (1950-1980), Carocci. Nel 2011, Andrew Mangham dell’Università di Reading, gli ha dedicato il volume The Poetry of Menotti Lerro, Cambridge Scholars Publishing.

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