Le bambine dai capelli rossi di Eva Laudace

di Melania Panico

Eva Laudace, Le bambine dai capelli rossi. Una favola teatrale, Capire Edizioni 2022

È sempre troppo tardi.

Quando diciamo “non si torna indietro” è perché vogliamo smaltire la rottura, l’incapacità di richiudere la scatola e fare finta di niente.

Cosa implica vedere, cosa implica seminare, dare spazio all’atto di forza che è generare, al momento in cui tutto si confonde – giusto un attimo prima – e la chiamiamo favola questo confondere i piani, eppure la favola di Eva Laudace è senza morale: questo dolore non serve a niente.

Non impariamo mai nulla dalle cose che ci spezzano. Solo ci rendiamo noi stessi bagaglio di una visione tremenda che è quello che fa l’autrice in questa opera inquieta e complessa in cui i piani sequenza quasi si dissolvono per poi diventare un unico organismo di frattura.

Dal buio che si impossessa delle cose vengono fuori personaggi che faremmo fatica a definire univocamente. Ognuno di questi ha dentro tutti gli altri, come in un’ora estrema, esemplare e tuttavia non allineata alla temporalità canonica, nello spazio/tempo del racconto che diventa trama per venire fuori dal buio. A volte il buio è il luogo dell’impronunciabile, altre volte invece è il luogo dove la solitudine si forma attivamente e trova una via. Sulla strada sono disseminati simboli e semi, come legami di pietra, come se i posti giusti per nascondere le verità estreme fossero tutti esauriti.

Davanti ai cancelli delle favole
chi aspetta il suo turno
per essere amata
ha tutto il tempo di avere paura
ogni petalo è un mostro
che ha tenuto per mano
coi fiori sugli occhi la testa a punta
e molti animali randagi
nelle vene
tu sai che sono una bambina.

*
Le bambine che non sanno amare
sono animali che nascono ciechi
e restano appesi
a testa in giù
somigliano ai pipistrelli.
Ti rompono le ossa giocando
come nel buio sbattendo
l’una contro l’altra.

*
La prima bambola che ho fatto
è stata mio padre
ma senza quei baffi
era mio padre e non mi voleva.
Coperto di api ripeteva
«Quando meno te lo aspetti sparirò».

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