Le acque di Tiziano Broggiato

di Davide Rondoni

Tiziano Broggiato, Sorvoli, Luigi Pellegrini editore

È un battesimo freddo la vita per la voce che parla nelle poesie di Tiziano Broggiato. Una nostalgia di dolcezza, di fuoco bambino.
Tra le pagine del poeta della terra d'acque, il veneto intorno a Vicenza, si ha un continuo presentarsi di acque che dilavano e portano via, velano ma anche diventano, nel loro multiforme presentarsi, una lente e una lacrima immobile attraverso cui il mondo si presenta come è, nella sua quasi tenera e però feroce evidenza.
Qui, in un tempo che sembra sempre sospeso - ma, si badi, è un tempo sospeso come quello dove vivono i personaggi di Dostoevskij, gente che sembra libera dalle occupazioni feriali, ma solo perché è nell'atto continuo di vivere a un altro livello - qui insomma:

"il fiume viaggia verso il proprio annullamento
verso il semicieco mare che lo attende
tra i battenti erosi dell'imbrunire"

Sono versi quasi da Borges della provincia a nord-est. E infine un battesimo in effetti è figurato verso il termine del libro:

"Io, sovrano di nulla, custode del tempo ostinato
che rende accettabile persino la morale incantatrice
aspergo di acqua piovana questa solitudine
chiamata coscienza"

Un battesimo al tempo stesso "epico" e solitario, sperduto.
Tale feroce evidenza degli annullamenti - lo sa bene il conterraneo di Canova - ha bisogno di una perizia di una politura applicate alla materia su cui si lavora. Che qui è una lingua nitida e polita, ma non certo acquietata. Se da un lato appare lingua quasi percorsa da una vigilanza estenuante, da un controllo che prova a governare almeno il proprio spasmo, cosa in effetti difficile per un "sovrano di nulla", dall'altra lo stile di Broggiato è sensibilissimo terminale di tensioni nervose, di scarti, di sospensioni. Qui la poesia è una creatura che registra sulla pelle di squame dalla luce quasi sempre fredda, tranne che per lampeggiamenti di azzurri e verdi poco più che sospettati, ecco registra i movimenti del cuore caldo e pulsante.
Ed è poesia di oblique visioni - che avvengano senza differenza per strada dove il sovrano di niente cammina in vari luoghi del mondo, dove questo "uomo confuso" si trova tra le due notti occidentale e orientale di un volo intercontinentale o in panorami nebbiosi indefiniti, dove forse si danno la mano Sereni e Zanzotto, ma anche certa poesia americana.
Le visioni sono cortocircuiti della memoria del poeta, improvvisi testacoda dei sensi, a volte apparizioni indesiderate. I "sorvoli" del titolo sono fisici, mitici, storici, e anche morali. Sorvolare è attività da mappatori, in guerra e in pace, da pionieri alla Lindbergh, amato dal poeta, ma qui il sorvolatore Broggiato fa i conti anche col sorvolare nel senso di non incepparsi in memorie, dolori, disperazioni. Non impantanarsi. Anche la morte del padre è una scena di dolcezza. Il sorvolare non del distratto, non della distanza, ma della asciutta consapevolezza della propria impotenza a cambiare i destini delle cose, delle persone, dei paesaggi, se non - e qui sta il punto di fuoco del libro - attraverso un atto di coscienza, e di una coscienza in solitudine.
Poesia dunque come teatro della coscienza, luzianamente verrebbe da dire vedendo anche certi echi di dialoghi importanti lungo corsi d'acqua, comunque poesia come sorvolo cosciente del mondo, non come utopia di possesso, o peggio, utopia di governo.
Per questo in un'epoca dove spesso la poesia è trattata ed esposta (e addirittura premiata da ex buoni editori) come teatrino dei sentimenti o peggio del mainstream, libri come questo di Broggiato, insidiato dalla "tenebra gnostica" in mezzo ai tanti riflessi della luce pur fredda ma acquorea, battesimale - parola da titolo luziano anch'essa - del mondo, ecco libri come questo riportano la poesia al suo luogo di primaria profonda contesa, punto di coscienza possibile di un'epoca.
E infatti, in questa epoca senza più battesimi, con amori feriti, in un’epoca di tristi imperdonabili al contrario di quelli invocati da Cristina Campo, ecco che il poeta dagli occhi asciutti in mezzo a serate storte, giorni incolori, sospetti di terrore, in mezzo alle piogge del tempo scrive:

"così la notte dalle ossa d'oro
può finalmente distendersi
sull'infreddolita riva del perdono.

Ma con dolcezza.
Ancora con dolcezza"

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