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La penna, vanga del vero – Lerro legge e traduce Heaney

Seamus Heaney. Lo scavo nello scavo.

Traduzione e analisi di Menotti Lerro

 

Uno dei componimenti più noti e fondamentali per chiarire la poetica di Seamus Heaney è “Digging” (“Scavando”), apparso per la prima volta nella raccolta Death of a Naturalist (1966). Qui, come lo stesso poeta ha più volte dichiarato, l’autore sente, come mai in precedenza, di essere riuscito ad affidare il proprio sentire e parte della propria vicenda personale alla poesia.

 

 

Tra l’indice e il pollice

La mia atticciata penna si adagia;

Calda come una pistola.

 

Sotto la mia finestra, un suono nitido e stridente,

Quando la vanga affonda nel terreno ghiaioso:

Mio padre sta scavando. Guardo in basso

 

Finché la groppa affaticata tra le aiuole

Si china, torna su vent’anni prima

Curvandosi a tempo per i solchi di patate

Dove stava scavando.

 

Il ruvido scarpone annidato sul vangile, il manico

Contro la parte interna del ginocchio faceva leva con fermezza.

Sradicava alti ciuffi, conficcava la lucida lama in profondità

Per spargere nuove patate che noi raccoglievamo,

Amando la loro fresca durezza tra le mani.

 

Per Dio, il vecchio sapeva maneggiare la vanga.

Proprio come il suo vecchio.

 

In un giornata mio nonno tagliava più torba

Di chiunque altro nella torbiera di Toner.

Una volta gli portai latte in una bottiglia

Sciattamente tappata con la carta. Si raddrizzò

Per berla, poi cominciò subito,

 

Intaccando e incidendo con cura, sollevando le zolle

Sopra la spalla, andando sempre più giù

Per trovare quella buona. Scavando.

 

L’odore freddo del terriccio delle patate, lo sguazzare e lo schiocco

Di torba fradicia, i tagli risoluti di una lama

Tra radici vive ridestate nella mia testa.

Ma io non possiedo vanga per seguire uomini come loro.

 

Tra l’indice e il pollice

La mia atticciata penna si adagia.

 

Scaverò con quella.

 

[Between my finger and my thumb / The squat pen rests; snug as a gun. // Under my window, a clean rasping sound / When the spade sinks into gravelly ground: / My father, digging. I look down // Till his straining rump among the flowerbeds / Bends low, comes up twenty years away / Stooping in rhythm through potato drills / Where he was digging. // The coarse boot nestled on the lug, the shaft / Against the inside knee was levered firmly. / He rooted out tall tops, buried the bright edge deep / To scatter new potatoes that we picked, / Loving their cool hardness in our hands. // By God, the old man could handle a spade. / Just like his old man. // My grandfather cut more turf in a day / Than any other man on Toner’s bog. / Once I carried him milk in a bottle / Corked sloppily with paper. He straightened up / To drink it, then fell to right away / Nicking and slicing neatly, heaving sods / Over his shoulder, going down and down / For the good turf. Digging. // The cold smell of potato mould, the squelch and slap / Of soggy peat, the curt cuts of an edge / Through living roots awaken in my head. / But I’ve no spade to follow men like them. // Between my finger and my thumb / The squat pen rests. // I’ll dig with it.]

 

 

Per Heaney la terra lavorata dalla sua vanga (la penna) rappresenta il foglio di carta dove piantare e coltivare i suoi pensieri. C’è la convinzione che egli stia, in qualche modo, portando avanti il progetto lavorativo della propria famiglia e vi è il disperato tentativo di non subire uno sradicamento attraverso l’acco­stamento vanga/penna.

L’io lirico sembra in questo caso (anche tenendo conto delle affer­mazioni dello stesso poeta, il quale identifica queste sue poesie come prodotto legato essenzialmente alle sue origini) essere l’io del poeta stesso e dunque si può parlare di una poesia presumibilmente autobiografica tout court, dunque senza alcun elemento fantastico. Personaggi, attività lavorative, luoghi indimenticati ritornano ma­linconicamente in questa poesia degli esordi. Ciò che era, però, è irrimedia­bilmente perso e solo rimane il lieve conforto della poesia che ripercorre e immortala sensazioni che altrimenti svanirebbero con l’usura della memoria, con le inevitabili contaminazioni e distorsioni.

Lo scavare del nonno alla ricerca della good turf (“la buona zolla” che simboleggia anche il territorio passato, seppellito dal terriccio e dalla polvere della falsa civilizzazione), si trasforma nello scava­re del poeta alla ricerca della good poetry (“la buona poesia”, che deve essere, a parere del poeta, a sua volta ricercata nella tradizione), magari capace di ricreare le sensazioni passate e di renderle eterne e non soggette ai cambiamenti. C’è in questa poesia un senso di tenera ammissione di col­pa per l’incapacità del poeta di munirsi della stessa vanga dei padri capaci, loro, di portare avanti le proprie attività primarie, il proprio folclore, le leggende, i miti, i costumi: “Per Dio, il vecchio sapeva maneggiare la vanga. / Proprio come il suo vecchio.” Una vanga, potremmo dire, che curva la schiena diversamente dalla penna, attraverso sofferenza e dolore, che dissoda la terra per far germogliare i suoi frutti primari e perciò percepita per certi aspetto più faticosa, nobile e indispensabile della stessa attività letteraria.

La fierezza dei padri che lavorano senza sosta (come suggerisce l’immagine del nonno che riprende subito il lavoro dopo un sorso di latte) per costruire il proprio futuro, la propria identità, viene sottilmente messa in luce per sancire la “supremazia” di una generazione di uomini ormai scomparsa, che rimanda ad un mondo di valori ineluttabilmente perduto.

Non resta infine che la speranza riposta nella comoda e calda penna, che diviene, quindi, simbolo dell’espiazione del “tradimento” e strumento, nonostante i suoi limiti, necessario per conferire al poeta l’identità smarrita e ricercata con fermezza e nostalgia dolorosa: “Tra l’indice e il pollice / La mia atticciata penna si adagia. // Scaverò con quella”.

 

Seamus Justin Heaney nasce in una campagna della contea di Derry (Nord Irlanda), il 13 aprile del 1939, il primo di nove figli di Patrick e Margaret He­aney. Nel 1961 si laurea in Lingue e Letterature straniere con First Class Honours presso la Queen’s University di Belfast. Alla prima raccolta di versi, Death of a Naturalist (1966), seguiranno: Wintering out (1972), North (1975), Fild Work (1979), Preoccupa­tions e Selected poems (1980), The Rattle Bag (1982, testo a quattro mani con il poeta Ted Hughes), Sweeney Island e An open letter (1983), Station Island (1984), The Haw Lantern (1987), The Government of the Tongue (1988, data in cui Heaney diviene professore presso l’Università di Oxford), The Place of Writing (1989), The Cure at Troy (1990, una traduzione del testo Philoctetes di Sofocle), Seeing Things (1991). Nel 1995 gli verrà conferito per l’impegno politico e alti meriti artistici il Premio Nobel per la Letteratura.

 

Menotti Lerro, poeta e narratore, insegna Cultura e Civiltà Inglese e Letteratura Inglese presso un istituto universitario di Milano. Ha conseguito un Master of Arts presso l’Università di Reading, UK, e un Dottorato di Ricerca sulla poesia inglese e spagnola contemporanea presso l’Università degli Studi di Salerno. Ha studiato presso l’Oxford Brookes University ed è stato Visiting Scholar presso le Università di Reading e di Warwick. È del 2012 il volume Raccontarsi in versi. La poesia autobiografica in Inghilterra e in Spagna (1950-1980), Carocci. Nel 2011, Andrew Mangham dell’Università di Reading, gli ha dedicato il volume The Poetry of Menotti Lerro, Cambridge Scholars Publishing.

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