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La conversazione – Racconto

di Elisabetta Selva Verzica

Benedetta vorrebbe raccontare tutto.
Tutto quello che le sta succedendo. Tutte le gioie e tutti i dolori.
In questo momento Benedetta tiene tra le mani una tazza di tè caldo, e quasi il calore della bevanda stride rispetto alla freddezza della conversazione. Vorrebbe poter dire, come un fiume in piena, tutto quello che il suo cuore tiene da tempo.
Ma Benedetta non riesce, si sente bloccata. Ogni tanto sente l’esigenza di comunicare all’altro ciò che le è impossibile dire, come se dentro di sé percepisse una profondità inspiegabile a parole. Benedetta vorrebbe aprire il cuore e lasciar volare via, in libertà, l’insondabile.
“Scusa, aspetta un attimo, devo rispondere assolutamente a questa telefonata”.
Benedetta risponde con un cenno, come a dire che non c’è alcun problema.
Così torna a sorseggiare il suo tè, con la testa che scoppia di parole confuse e non ben articolate tra loro. Finita la telefonata, Benedetta approfitta e inizia a raccontare. Racconta qualcosa di quello che fa, di quello che pensa, di quello che le hanno detto, ma non esprime a pieno ciò che più le preme.
Il tempo passa tra risate e facce preoccupate per qualche notizia.
Il suo cellulare continua a suonare e, con la coda dell’occhio, guarda chi la cerca, sempre più distratta, con uno sguardo che non è assente, ma completamente proiettato su altro. È lo sguardo di chi ha responsabilità importanti.
Prima di raccontare, Benedetta sente il bisogno di specchiarsi. Ci sono tratti del volto che ignora e non guarda, parti di sé che la fanno stare a disagio con se stessa e con gli altri. Così, seppellire i pensieri è, in certi momenti, il miglior modo per affrontare la giornata.
Ma lì, con lei, avrebbe potuto aprirsi.
Eppure non lo fa.
Benedetta ha bisogno del tempo necessario per guardarsi allo specchio.
Ma come può guardarsi allo specchio, se il suo specchio sono gli occhi di lei? Ora così distanti e pieni di sé. I suoi occhi non sono più chiari, ma scuri, da cui non può trasparire nulla.
Così Benedetta decide di scrutare quello sguardo. Di guardarla dentro. Di osservare i suoi occhi così bisognosi, così pieni di affanni e incombenze.
Alla fine, Benedetta lascia che sia lei a raccontare.
Che sia lei a dire tutto, così che possa specchiarsi nei suoi occhi e confidarle ciò per cui il suo sguardo è diventato così nero.

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