di Edoardo Sant’Elia
Espresso con semplicità, non è un proposito semplice: “Ho cercato di liberarmi dall’ego, per poter vedere cosa c’è là fuori”. Chi parla è Kathleen Jamie, affermata poetessa scozzese, di cui appare ora in italiano, per le cure di Giorgia Sensi, Falco e ombra. Scrittrice scozzese, dunque, scrittrice donna ed anche scrittrice della natura, così si presenta la poetessa, aggiungendo tuttavia “…non vorrei essere definita in questi termini. Penso a me stessa come poeta e scrittrice, senza etichette”.
Eppure, le tre definizioni sono perfettamente calzanti e per nulla riduttive. Vediamo. Scrittrice scozzese: emerge ovunque un senso del paesaggio, un’aderenza ai luoghi, “…lo scialle freddo della brezza, / le colline gibbose…”, un’apertura al fantastico, “Non mi staglio in una landa selvaggia / né nel paese delle fate // ma dentro la piega / di un verde colle”, un riandare alla tradizione attraverso i suoi personaggi archetipi, come nella poesia in cui il bosco “Mi si avvicina / come strido di ghiandaia…”, un bosco assimilabile a quello che nel Macbeth scespiriano stringe il re usurpatore in una morsa d’angoscia: solo che qui il movimento si volge in positivo ed alla fine il bosco si rivela un nume consolatorio. C’è tanta, tanta Scozia in questi versi.
Scrittrice donna: una femminilità aperta, senza confini, “Mi coricai a dormire, / accanto a me non un uomo / né un bambino, ma un ramo di lichene…”, una femminilità consapevole ed assieme possibilista, “C’è questa vita e non c’è un aldilà – / di questo sono certa / eppure esito, in attesa / che la mia anima pigra / sobbalzi al tocco del mondo”, una femminilità, comunque, non priva d’ironia, “Così, questo è il lavoro delle donne: piegare / e spiegare…”.
Scrittrice della natura, infine, che legge la natura come un libro, ma un libro composto non coi consueti caratteri a stampa, piuttosto con altro alfabeto, con altri intenti: “Stormi di oche scrivono una parola / attraverso il cielo. Una parola / battuta come un gong / prima che io nascessi”. Questa natura non ha bisogno di giustificazioni, non deve necessariamente essere compresa in un superiore disegno perché vive di vita propria, una vita solo apparentemente casuale, enigmatica: “Questo è il momento in cui le rose / cadono a cascata sui muri dei vicoli, / riempiono i parchi pubblici – / i loro rosa cremosi o stazzonati / si dischiudono a dimostrare / una capacità di pensiero negata”. Una natura popolata da creature perfette nel loro ambiente e assieme misteriose perché evocano paure e segreti profondi, come il solitario squalo elefante, la cui “pinna in coda sbatteva avanti / e indietro come una porta stregata”, o i pipistrelli in mucchio, a formare un unico compatto enigma, “… una sola / inquieta intelligenza”.
La Jamie sottolinea come la poesia, per sua propria essenza, sfugga ai lacci della coscienza; e lei, praticando un approccio per nulla cerebrale, sembra essersi accampata in un territorio da esplorare palmo a palmo, minuziosamente, con gli strumenti dell’istinto e dell’intuizione: strumenti che le permettono di porsi ovunque in ascolto, registrando suoni, percependo echi, descrivendo immagini reali o mentali capaci di comporre una trama fitta, significativa, avvolgente, che racchiude ma non occlude il suo, il nostro universo. Ancora una volta, un proposito non semplice: “Cerco di rivelare il mondo nella sua meraviglia, e voglio che voi lettori lo scopriate insieme a me”.
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