di Melania Panico
Kate Tempest, Let them eat chaos / Che mangino caos, edizioni e/o (traduzione di Riccardo Duranti)
Sono le 4 e 18 di un tempo senza tempo e Kate Tempest è una poeta.
Kate Tempest dipana la trama del suo Let them eat chaos e non la sottende. Non ha paura di riverarla, di raccontare una storia senza entrare nel circolo vizioso del “ho detto già tutto”. Sembra tutto molto semplice e probabilmente lo è. E perché la poesia non dovrebbe essere una cosa semplice? A patto ovviamente che di Poesia si tratti. E Kate Tempest la poesia ce l’ha. Let them eat chaos - nella bella traduzione di Riccardo Duranti – è un libro che non perde mai vigore né visione.
“Sono le 4 e 18 del mattino. / In questo preciso momento, in questa stessa strada, / sette persone diverse in sette appartamenti diversi / sono sveglie. / Non riescono a dormire. / Di tutte le persone in tutte queste case, / solo queste sono sveglie. / Rabbrividiscono nel cuore della notte, / contando le pecore dei loro stupidi sbagli.”
È l’insonnia disperata dentro la quale ognuno si sente un’isola. Un’insonnia commovente. Questo poema è stato scritto per essere letto ad alta voce. E ad alta voce si deve dire il caos. Let them eat chaos va oltre certi canoni della poesia senza essere vacuo, senza mai perdersi nella troppa forma per essere sperimentale – troppo sperimentale – senza sostanza e Kate Tempest è un’artista non personaggio, nel senso che il personaggio non supera mai l’opera (il che è quasi un miracolo per una che fa la rapper e ha migliaia di visualizzazioni su YouTube).
“Il senso della vita è vivere. / Amare se si può. / E poi tramandare”. Si possono sentire rimbombare nell’aria questi versi. E probabilmente questo è uno degli obiettivi della rapper/poetessa londinese.
“There’s a big storm rolling in / Una grande tempesta s’avvicina”.
Che possiamo fare? Diventare parte della tempesta o affidarci alle sentenze del tempo? O a cosa possiamo affidarci?
It’s 4:18
Life’s just a thing that he does / la vita è solo una cosa che fa.
Pete, Jemma, Pia, Zoe, Bradley, Alicia, Esther sono sette solitudini che hanno giurato a se stessi di non parlare mai, sette cuori frantumati e gravi che si affacciano al caos nello stesso momento.
“Trust is something we will never see / la fiducia è una cosa che non vedremo mai”. Finché. C’è quel finché. Till Love is unconditional. Finché l’amore non sarà incondizionato.
I’m out in the rain / it’s a cold night in London / screaming at my loved ones / to wake up and love more. / Pleading with my loved ones to / wake up / and love more. / Me ne sto sotto la pioggia / in una fredda notte londinese / urlando ai miei cari / di svegliarsi e amare di più. / Scongiurando i miei cari di / svegliarsi / e amare di più.
Alla fine la risposta è sempre la stessa.