di Rita Pacilio
Gli allarmi delle stelle (Marietti, 2007), La gioia (Ladolfi Editore, 2014), Inverno (CartaCanta, 2016), sono i titoli di tre lavori poetici di Valentino Fossati. Opere di prezioso scenario visionario in cui la parola, liberata dai segni del tempo, sceglie lo spazio frammentario e straziato, seppur unitario, della poesia. L’inquieto lamento canoro trova realtà creativa nel fuoco incommensurabile dell’esistenza. Attori e attrici sono personaggi e cose, intime e materiche, che vanno alla scoperta della conoscenza, della sua applicazione, del cambiamento del mondo. Interrogazioni, evocazioni, suggerimenti, estraniamenti, finzioni e verità si spostano dal singolo uomo (ma non dall’umano) alla traversia cosmica in cerca dell’ingegno pieno, della rivelazione spirituale, della fenomenicità sparsa/spersa. Una pienezza che ricongiunge salite e discese delle presenze/assenze itineranti e matrice essenziale del lampo della vita.
Inverno,
in quel tempo dei bambini
nascosti,
come palloni sui terrazzi
le ronde
(periferia – nord)
le ronde dei padri –
tempo dello scoppio
seminati
i bambini sul selciato
in quel tempo …
Poi,
silenzio di tutto
silenzio
di noi
necessario il buio,
necessità di noi …
Riprenderanno a parlare dietro i balconi
riprenderanno
a ricordare
(di noi)
le luci sui piatti,
bagliori sui corridoi
inabitati …
Nessuno provò tanta gioia
(nessuno)
il bimbo nella cucina
dopo la scuola,
solo,
(silenzio
compatto) –
nessuno.
Oscurità dello sguardo,
oscurità
di noi
bianco di noi
o
nessuno.
Darei la vita
io
(darei
la vita)
per la vita del bimbo?
Anche l’inverno
come la notte
si raccoglieva nel mare,
sul campo secco
nell’ospedale
(darei la vita?) …
… Per trovarlo dietro i vetri
sporchi
per vederlo ancora
dietro –
i vetri
della scuola vicino al campo
ai treni
(gli uomini alti, in piedi)
come nei giorni
prossimi
all’entrare nel buio
(i giorni – i giorni …)
Finito come un sorcio
(cavia)
sotto i ferri
darei –
la vita?
Hai mai pensato al campo
hai mai pensato
alla vita?
Da Corso Unione
l’ospedale
è lì
(è lì)
il suo grido al buio
la sua fame
nel
buio
la sua sete
(nel buio)
lì gli aguzzini – lì gli assassini
a portare morfina
come zucchero
liquido
e solo ombre
(sogni d’ombra)
per il bimbo
solo luce a gennaio
le ombre
dei camici,
ombre sulle mani.
Avrei potuto essere
padre
avrei potuto
esserti
dio
quando la scuola chiudeva e aspettavi
qualcuno
(un’ombra)
(avrei
potuto …)
Nel bar più vicino aspettavo la notte
nel bar
ho aspettato
il mattino
pieno
d’amore
ho aspettato
(la voce di un dio)
il respiro –
l’ombra
tra le case del dopoguerra
(darei la vita?)
Per te s’avverassero
l’ombra,
il silenzio
ci fosse
una luce
sulla strada
in fondo al campo
(come
dal mare)
altissima.
(testo tratto da Inverno CartaCanta, 2016)
Valentino Fossati, nato a Genova nel 1974, vive a Chieri (Torino). Poeta, critico letterario, autore teatrale e dedito anche alla prosa, si è laureato con una tesi sulle antologie di poesia italiana del secondo Novecento a Bologna, dove ha collaborato col Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna. Ha esordito in poesia con Gli allarmi delle stelle (Marietti, 2007), ha pubblicato, nel 2014, La gioia (Ladolfi, 2014) e Inverno (Carta canta, 2016); suoi testi poetici, critici e saggi sono apparsi su riviste specializzate e giornali come ClanDestino, Tratti, Frontiera, Nuovi Argomenti, Graphie, Il Baretti universitario, Atelier, La Stampa, Il domenicale. Ha curato per Garzanti con Davide Rondoni il volume Leopardi. L’amore nelle prose e nei versi e per Laterza il volume scolastico Pasolini e la letteratura dell’impegno. Brevi sillogi poetiche sono apparse nelle antologie I cercatori d’oro a cura di Davide Rondoni, I poeti di vent’anni a cura di Mario Santagostini e sull’antologia online Lavori di scavo curata da Giuliano Ladolfi. Ha pubblicato inoltre per Marietti nel 2010 Accademico di nessuna accademia. Conversazioni con Gianni Scalia (con Guido Monti). Ha scritto inoltre per il teatro Quel grido dell’altra notte e Alba infinita, rappresentati nel 2005 e 2008. La sua scrittura, unicum nel panorama contemporaneo, tocca la sperimentazione della pagina come tela pittorica bianca, da cui emergono i tratti sonori, con un’efficacia e una tensione sempre “assolute”.
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