di Alessandra Corbetta
Sin dall’inizio, c’è nel suo lavoro uno slancio vitale e inconsueto per la poesia italiana contemporanea, una violenta passione per la vita… un cuore “sbranato” che viaggia tra bar, autogrill, periferie, miserie diviso tra affetti familiari, pulsioni ed eccessi.
Così Giuseppe Conte, che sabato 28 settembre consegnerà a Davide Rondoni il Premio LericiPea per la Poesia Edita, parla della poetica di Davide, il poeta di Forlì - città per persone con l’accento, come ricorda sempre lui -. Ed è proprio l’accento quello che vorrebbe essere il distintivo dei suoi componimenti, idealmente protesi in una tensione verso l’alto che si fa esclamazione alla vita, alle volte mormorata, altre urlata ma sempre individuabile in un movimento ampio, spazioso: la stasi è per chi non sa trovare la luce anche nell’oscurità più profonda, sembrano dirci i versi i Davide; la mancanza di dinamismo vitale è per chi continua a posare lo sguardo dentro o su sé stesso ma mai su gli altri, mai sul mondo. Un accento che a volte è troppo, a volte troppo poco, eppure sempre necessario per accendere le parole più nascoste.
Il vero movimento della poesia di Rondoni avviene, però, sull’asse delle ordinate, poiché il cammino delle parole si allunga verso un’orizzontalità avvertita come necessaria, inevitabile: i trattini che danno fiato, gli interrogativi diretti, i passaggi dalla notte al giorno come ponti sul tempo, perché è nell’andare il senso e nello spostamento stesso la direzione da seguire.
Una poesia che, da qualunque parte la si guardi, anela e invoca senza sosta l’infinito, sospinta da una fede che sostiene e giustifica e dalla violenza di chi ha visto e deve testimoniare.
Un ululato nel buio, la mano tesa al mendicante, il rovescio della medaglia, le buche infime di ogni sentiero: è nella non scindibilità degli opposti l’energia del suo poetare, nell’accoglimento, sotto un unico mantello, del bene e del male insito nell’uomo perché uomo, come se scriverlo fosse il primo passo verso un’autoassoluzione, impossibile altrove.
Così se ne viene trafitti, boato nel silenzio, pugnale nella pancia, raggio di sole dentro l’oscuro; trafitti come da uno sguardo inatteso, inaspettato che costringe a guardare con occhi diversi. Un occhio-maschio nel ventre che scruta, senza posarsi mai per davvero su quello che osserva: è già da un’altra parte, su un altro treno, in un altro amore, sulla sagoma silenziosa di un albero appena fiorito, e noi tutti ad aspettare il risveglio di una componente femminile traboccante eppure latente, di una bellezza necessaria, di un affetto che non si interrompa nel verso, di un viaggio che abbia un ritorno.
È lì, in quell’attesa sospesa, qui in questa tensione senza sosta, la sua forza, la sua grandezza, né da respingere, né da accogliere, ma da cui lasciarsi attraversare, a costo di perdersi, come conviene con la Poesia degna di questo nome, una Poesia assolutamente meritevole di un Premio così importante.
Carlotta
Tu sarai una donna
ragionerai come io
non ho fatto mai. Sarai me
ma porterai la gonna.
La notte avrà un'altra
dolcezza per te,
non sentirai questa asprezza
chiudendo le mani.
Anche le grandi piogge per te
saranno canzoni.
Sarai una donna, volgerai
molto amore, amore forte
come nel mare volge l'onda,
il tuo visibile plancton
contro la morte fonda.
Ne avrai gli spasmi e il risalire
improvviso delle risa,
il pensiero sarà alla sera
una dolce fronda
sopra gli occhi.
Sarai un miracolo per tanti,
anche senza fare niente.
Una traccia
per chi non vede più le stelle.
Apparirai come tua madre, bella,
una scintilla.
Sentirò le tue mani piccole
per sempre giocarmi sulla faccia
come foglie che il vento
muove sulla terra.
E quando sarà finita la mia guerra
e mi sfuggiranno le parole
sarai il privilegio
di una canzone alta, che non muore.
(da Il bar del tempo, Guanda 1999)
Incinta dice il test
Non chiamarlo, viene
nella sua forza semilucente,
è già una parte del tuo sorriso
viene come il profumo dei boschi,
un niente, il muso improvviso
della lepre, è già una piega
nelle tue mani, siede
sul trono che diventi.
È un aumento
che ha dismisura di nubi,
fa paura come l'inizio del vento
che piega i rami ma ravviva i colori.
Mio amore bello e pieno di tormento,
la sua impronta è già della nostra
figura. La felicità
è l'attesa, è il tempo.
(da Il bar del tempo, Guanda 1999)
L’amore all’inizio e alla fine non è
un sentimento
ma nel tuo arrivo una furia
immobile, occhio dei cicloni, il sogno
dello sguardo fossile
spaccato sotto l’ambra
disporsi delle stelle
in aria e sul tuo viso -
un giudizio universale ad ogni passo.
I sentimenti cambiano, non la lotta
tra la vita che cerca la vita
e la vita che cerca la morte.
Amore, tienimi forte, lo senti?
muto urla nelle strade d’Italia
e di quel che l’Italia sta diventando
tra i lampi del sangue e maleducati
camerieri
qualcosa che non sa il tuo nome, e
come un assassino, né occhi né ieri
sfiora e avvelena tutti i nomi del giorno.
Ma tu amore all’inizio e alla fine
richiama il vento, inventa le vie del ritorno
non lasciare deserte di te queste piazze
le mani sulle culle, le auto
in colonna contro il sole
e le poesie e le donne, queste pazze
(da Apocalisse Amore, Mondadori 2008)
Quasi non è
niente
è quasi –
hai occhi belli e tremendi –
la mia vita lupo cerca chi posa la fronte
contro le vetrate del buio
ehi miss quasi niente
vuoi essere tu stanotte il talismano color oceano
verde
buia gradazione della differenza
natura dove matematica si perde
i nei disposti
chissà come sulla tua schiena,
hai lo sguardo che dice quasi, dice resta?
Poso le labbra millenarie sul polso
dov’è foglia la vita
di che albero sei?
(da La natura del bastardo, Mondadori 2016)
Leggi anche
- 1 giorno fa
- 2 settimane fa
- 3 settimane fa
Apprezzo e condivido questa centrata analisi sulla poesia di Davide Rondoni, poesia empatica e confidente.
Congratulazioni per questo meritato Premio!