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I padri, i figli e altri uomini

Poesie di Pietro Berra

Piove in casa

“Non sederti sulla testa.

Fa male allo stomaco”.

Ma facevano più male le parole

che si dicevano loro

nella stanza di sopra

pensando di non essere sentiti.

E sedersi sulla testa

era l’unico modo che lui conosceva

per capovolgere il suo cielo di dentro

per smettere di piovere.

 

 

Nonno Giulio

Il suo modo di essere nonno

intagliato nel legno di un camion

rosso e blu sopravvissuto

a lui, ai miei giochi

e ai giochi di mio figlio.

 

Del suo essere padre

una barchetta di ferro

che dorme sul fondo del lago

da quando la corda sfuggì al bimbo

che mi ha generato.

 

Parole non ne ricordo neanche una

solo la gioia di un pomeriggio un’ombra

oltre la vetrata dell’asilo di Terragni.

Si sentiva meglio

mi era venuto a prendere.

 

 

Visita guidata al frantoio

 

L’asino diventava cieco il primo giorno

gli operai dopo qualche tempo.

Condividevano la stessa cloaca

nell’ipogeo di Giurdignano.

Quale umanità portassero a casa

dopo sei mesi sotto terra

non si studia a Scienze del turismo.

“Ma era un lavoro ambito”, assicura

lo stagista: il buio

veniva pagato bene.

 

 

 

Addio, Lugano, addio

Ci allontaneremo in pedalò

dalla riva di Cassarate.

Pedaleremo sul fondo del lago

“Addio, Lugano, addio”.

Passeremo il confine di sfroso.

“Ma voi chi siete?

Perché siete qui?

Avete violato la legge di Dio,

tornate indietro finché

siete in tempo” .

C’è una dogana tra la vita

e l’altrove. Il finanziere

vestito da arcangelo Gabriele

sbatte rapidamente le ali

(è la sua maniera di fare l’occhiolino)

“Io vi benedico, ma non si deve

sapere a Paradiso,

è diventato un bordello

gira gente di malaffare”.

 

 

Internato militare italiano

alla memoria di Walter Piatto e di altri 700.000

Lendinara, Postumia, Mauthausen.

Il cuore stantuffa lungo i binari di un treno

che impiegava due giorni per portarti

ragazzo dal purgatorio all’inferno.

 

Non devi più preoccuparti, ti sto venendo

a prendere. Una cartolina spedita a casa

il 2 aprile del ‘44 arriverà tra qualche giorno

sul mio computer.

La seguirò fino al punto esatto

dove ti sei perso.

 

Rivedremo le stelle, il grande carro,

uguale dalle baracche, dopo il lavoro da schiavi,

e dalle viuzze eleganti del centro di Como

dopo il teatro, con la tua bambina.

 

 

 

Il mio cane

Si ricorda dello stomaco
solo dopo che s’è compiuta
l’attesa del ritorno.
Trova l’attimo, o lo chiede,
per uscire ancora un po’
e svuota la ciotola.
Mi assomiglia

il mio cane.

 

 

 

Doppio allievi C

Un colpo di remo

per raddrizzare la rotta

e scivolare fuori dal porto

verso una partenza che da qui

nessuno riesce a vedere.

 

Al padre che riempie l’attesa

della gara leggendo un testo

buddista sul mistero prezioso della vita,

non resta che chiudere il libro

e annotare la metafora.

 

 

Pietro Berra (1975), è nato e vive a Como. Giornalista alle pagine culturali del quotidiano “La Provincia” e promotore di rassegne letterarie (tra le quali Parolario) e cinematografiche, ha pubblicato una dozzina di libri, tra poesia, narrativa e saggistica.
Tra le raccolte di versi si ricordano: Un giorno come l’ultimo. In viaggio per le strade di Como e della mente (Como, Dialogo, 1997), Poesie di lago di mare (Faloppio, LietoColle, 2004), Poesie politiche (San Cesario di Lecce, Luca Pensa Editore, 2006), Notizie sulla famiglia (Brunello, Stampa, 2009) e Terra tra due fari (piccolo viaggio in Italia) (Faloppio, LietoColle, 2011). L’ultima pubblicazione è Metropole &  Suisse – Il lago di Como e 120 anni di storia visti da un grande albergo (Como, NodoLibri, 2014)

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