di Barbara Herzog
Elizabeth Grech, Terre sospese, Capire edizioni 2019
Qualcuno dice, la poesia trova le parole per dire la verità.
La scova e la illumina nelle sfaccettature scavalcate dai ricercatori del sublime.
Perché lo straordinario, il degno di sguardo, non sta necessariamente in ciò che è lontano dalla vita quotidiana, o in parole ricercate fuori dal consueto.
Questa raccolta ci parla di amore - carnale, materno, dipartito, agognato.
In maniera prettamente terrena, ma con quell’occhio che mira al di là di ciò che tocca.
Eppure tocca, con tutti i sensi.
I suoi versi sono pieni di vento sulla pelle, mare dentro le vene, colori fioriti negli occhi.
Macchie di melograno sulle mani, capelli che sfiorano i fianchi.
C’è una figlia che sente “le parole che non riuscivano a raggiungere le labbra”.
C’è una mamma che gioisce nell’udire i suoni delle “due terre sospese” dal suo bambino.
E c’è una “donna” e poi mamma. Mamma, perché donna; che desidera, brama, ricorda e vive la vita in modo passionale.
Non c’è nulla di antitetico in questo, è anzi il lucido e trionfale connubio dell’essenziale.
Sapevo presto mi sarebbe arrivato il libro stampato di Elizabeth Grech, ma volevo a tutti i costi averlo prima per portarmelo in viaggio su un’isola africana.
Così, sono riuscita a stamparmi un’anteprima e, per rispetto, a dargli una sembianza di legatura.
Quando già era piena di annotazioni, una bambina di dodici anni – in un paese senza obbligo scolastico – si è avvicinata chiedendo di poter leggere. E come leggeva bene!
Ho pensato alla sua vita sull’isola, come quella dell’autrice, al cuore colmo di mare ed amore e voglia di conoscere, a come dovesse esserci stata una precisa ragione perché questo libro avesse viaggiato con me.
E con tutto il cuore ho regalato una copia pirata delle poesie di Elizabeth a questa bambina, con il sogno segreto di cambiare in meglio, per una persona, il mondo.
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