GIORNO D’AVVENTO
I figli caduti poco prima delle madri
solo ora troveranno la quiete
se ritorni poi, se non ritorni
traversando le luci sbilenche
(già dicembre)
il cancello, i corridoi, le stanze bluastre
di là, sempre
il desiderio nostro.
Ho percorso l’Aurelia in un giorno d’Avvento
tra Finale e Spotorno, per sollevarti dalla tormenta
quando il tunnel è breve
(dove i vicoli le stagioni bianche, il viaggio di nozze
la prima comunione …) …
Ad un soffio dal dirti
cos’è – davvero – precipitare nel sogno
dopo l’amore infinito consegnarti alla neve.
LA FINE DELL’INVERNO
Ritrovarono
i balconi,
i palazzi verdemare
i campi del pallone
al di qua
l’infanzia al culmine poi,
il sole che impallidiva
dietro le nuvole.
Ritornarono al loro posto
(per te)
tremarono appena …
Perché fu breve, poca luce quella grazia tua
il campanello, la mia porta
(o l’intervallo …)
e la scuola che attraversavi,
le aule colme nel pieno giorno …
Quel vento poi,
i primi di marzo
la rete vuota in mezzo al campo –
adesso –
le voci,
lontane
i passi lenti,
gli spogliatoi …
…
Solo ombre, queste,
che richiamano ombre
e vita – nessuna – che risplende alla vita
ma ho provato ad amarli sai,
ad abitarli
un’ultima volta
i bambini, le loro madri
ora terribili
inaccessibili.
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