Nota di lettura di Alessandra Corbetta
L’opera prima di Davide Romagnoli, El silensi d’i föj druâ (Marco Saya Edizioni 2018), è un versificare coraggioso e schietto intorno al dubbio esistenziale, al mistero irrisolto e irrisolvibile della vita, come ben evidenzia Franco Loi nella prefazione alla raccolta. La mancanza di pavidità diparte dall’uso del dialetto milanese per affrontare una questione di carattere innanzitutto filosofico, e poi dall’ossimoro derivante dalla contrapposizione tra il contenuto duro e crudo di trovare un senso all’essere nel mondo e la terminologia, semanticamente e foneticamente delicata e rincuorante. Romagnoli, aggrappandosi senza troppa convinzione alle parole e agli oggetti del quotidiano, costruisce i componimenti intorno all’idea di vuoto-niente-nulla, facendo dell’assenza la grande presenza della raccolta e del tentativo di annientarla il motore dell’agire e dello scrivere.
Nessun inciampo nichilistico, piuttosto un riuscito e interessante inserimento nello spazio di provincia delle incessanti domande della giovane generazione di oggi, dubbiosa, incerta, ma pur tuttavia non rassegnata a essere scritta nel silenzio di fogli consumati.
Parlà del nient, intênd el nient
e vardà tüti i fàcc del noster vèss:
curiandul del vent apèna passâ
slisâ via n'i curtil di noster cà de paês.
Un para de föj slüngâ de'n rifless,
reful de vent de 'na quaj marea,
brüsâ come castagn in d'un sidèl
fümen Nuember e giurnaj de ier l'alter,
intant che capissum 'me druà el fià
e i culur che ghè resten per pitürà
i pagin del noster dumandà amò
e fin a la fin se ghèm de dì
per viv insema a tütt quel che passa
e che'l passarà, forsi, anca de chi.
Parlare del niente, comprendere il niente / e guardare tutte le facce del nostro essere: / coriandoli del vento appena passato / scivolati via nei cortili delle nostre case di paese. / Un paio di fogli allungati da un riflesso, / soffio di vento di una qualche marea /bruciati come castagne in un secchio / fumano Novembre e giornali di ieri l'altro, / intanto che capiamo come usare il nostro fiato / e i colori che ci restano per pitturare / le pagine del nostro domandarci ancora / e fino alla fine cosa abbiamo da dire / per vivere insieme a tutto quello che passa / e che passerà, forse, anche di qui.