di Simone Bargiotti
“Non ho il minimo dubbio su quello che sto per dirle, signora!”
“Lo spero. Mi ha fatto venire qui dal lavoro annullando una riunione importantissima. Importantissima!”
“Di cosa si trattava, se posso chiederlo?”
“Un preventivo per la costruzione di una bifamigliare!”
Anna Clelia Gatti, insegnante di educazione fisica, trattenne a stento una grassa risata. “La madre dell'allievo Simon non sa cosa sto per dirle”, pensò.
“Credo che suo figlio abbia delle doti eccezionali come nuotatore!”
“Come... Nuotatore?”
“Ieri per la prima volta ho portato la classe in piscina. Simon ha detto a tutti di non aver mai visto in vita sua più acqua che un bidè. Ha fatto tuffi acrobatici eccezionali, poi dei tempi da olimpionico. Ho dovuto usare due orologi, subito ero convinta che il mio non funzionasse, che fosse impossibile. E credo fermamente un'altra cosa. Che suo figlio sia un body athletic, una cosa rarissima!”
“Un che?”
“Si definiscono body athletic persone dal fisico particolare, particolarmente adatto per uno sport. Lo era Fausto Coppi, il grande ciclista. I suoi polmoni contenevano 12 litri di ossigeno, il suo cuore batteva solo 42 volte in un minuto. Simon ha mani e piedi particolari, particolarmente adatti al nuoto!”
“Ma non dica sciocchezze! Sarebbe una specie di pesce?”
“No. Ha una forma fisica molto adatta al nuoto!”
“Ma che sciocchezze! Non si vive con queste cose. Io ho una piccola impresa edile, lui seguirà le mie orme. Non lo mantengo mica per fare il nuotatore! Per mantenerlo magari fino a trent'anni con una vita di illusioni! Lui farà case. Con i piedi ben piantati per terra!”
La professoressa ebbe un moto di disappunto: “Signora, non so se suo figlio riuscirà molto bene nelle cose... Normali. Ho il numero di un medico sportivo, le consiglio di farlo vedere. A volte chi ha queste forti predisposizioni non riesce bene nelle cose più normali e quotidiane!”
“Ah, ecco... Mi dà il numero di un medico che magari è suo fratello, o suo cugino, eh? Io non ho mica l'anello al naso! Prima mi dice che ha doti particolari, e poi che non riuscirà bene?”
“Signora, io non so più come spiegarglielo. Non riuscirà bene nelle cose normali appunto perché iperdotato, appunto perché il suo fisico è fatto per un certo tipo di attività, non per altre! Se non lo capisce condannerà Simon ad una vita mediocre, mentre con il nuoto può davvero essere qualcuno!”
“Lei non la viene a raccontare a una della mia esperienza! È una cosa che non sta né in cielo né in terra. E se anche fosse, io non voglio mica un campione come figlio. A me basta che non mi faccia vergognare di lui continuando la mia attività! E con questo il discorso è chiuso!”
“Signora, non posso mica pretendere che mia figlia sia quello che voglio io!” disse Anna Clelia senza trattenere una lacrima, di rabbia e stupore. Pensava che la madre di Simon sarebbe stata contentissima di quello che lei aveva da dirle, che l'avrebbe addirittura abbracciata. E invece... Tutti sognano un figlio dotato, lei che lo ha sogna un figlio normale.
Il tempo passò, Simon aveva un rendimento normale nella scuola scelta dalla madre, a parte nelle ore di Educazione fisica, che la Gatti, per lui, fece sempre nella piscina della scuola. Passava più tempo con lui da solo che con tutti gli altri allievi. Qualsiasi cosa gli chiedesse di fare, qualsiasi tuffo, qualsiasi stile di nuoto, Simon lo faceva fedelmente. E più il tempo passava, più le mani e i piedi diventavano palmati, ricordavano sempre più la forma di una pinna. Non aveva perso l'uso delle mani, ma si notava la differenza. E la sua difficoltà nel fare le cose più normali. Però faceva segnare tempi record in vasca, in tutti gli stili. Andava in piscina una volta a settimana e batteva chi faceva nuoto agonistico.
Passati due anni, con l'insegnante Gatti fu il momento dell'addio. Lei pianse, lo salutò come un figlio. Quel figlio che non aveva avuto e che, pensava, tutte le madri vorrebbero avere. La vera madre fece invece di tutto per tenerlo lontano dall'acqua. Mai in piscina, mai in vita sua al mare.
Accadde una notte. Una notte d'inverno. Era uscito, come sempre con gli amici. Ma stavolta c'era anche Morris, il fratello minore. Quando Gabri e Igor decisero di fare un giro al mare - il giorno dopo era festa - Morris si oppose ferocemente. Ma non ci fu nulla da fare. Rimini si è detto e Rimini sia. Già nel viaggio di andata Simon senti una qualcosa che cresceva, una voglia, un appagamento finora sconosciuto. Appena arrivato corse alla spiaggia, si sentì
attratto irrimediabilmente dall'acqua. E, spogliato, si tuffò. Il mondo che si svela, il suo mondo. Nuotare non era mai stato tanto naturale, naturale come può essere il respiro. Si accorse che le sue mani e i suoi piedi perdevano sempre più la forma umana. Nuotò, in un baleno, per chilometri. Eppure sapeva perfettamente dov'era. E la vide. Una sirena bionda, con le mani e i piedi palmati, proprio come lui. In uno sguardo ci fu il mondo. Non si sentì mai
tanto capito, mai tanto amato. Non c'era nemmeno bisogno di parlare, di conoscersi. Era un fluido magico, che annullava presente e futuro. La forza che può attrarre tra loro due pietre, due alberi, due stelle del firmamento. L'amore sembrava un istinto, non qualcosa che risponde a domande e ragionamenti. Capì che stava perdendo la dimensione umana, per acquistarne una forma di consapevolezza molto più alta. Il tempo passò. Quanto, lui non lo sapeva. Gli pareva che il tempo o fosse fermo o corresse all'impazzata, come i battiti del suo cuore. Finché si sentì afferrato, ingarbugliato, e portato a riva. Era la rete di una nave. Il fratello Morris probabilmente aveva parlato, e ora c'era sua madre lì con l'espressione arrabbiatissima. “È questo il modo di sparire? Nella vita bisogna lavorare, altro che andare al mare!”
Morris disse: “Guarda i piedi e le mani... Come sono strani!”
“Rimedieremo anche a questo! Gli metteremo una bacinella d'acqua in camera, che sfoghi lì la voglia di stare a mollo! Dopo aver lavorato!”
La bacinella divenne un piccolo acquario. Simon faceva sempre più fatica a fare le cose più normali, era a metà tra la natura che gli era stata imposta e quella che era la sua vera natura. E la mancanza della sirena era un dolore immenso, si sentiva ormai morto dentro.
Un pensiero lo trovò divertente: “Non si può vivere da morti”. Cominciò a non mangiare, a rifiutare il cibo. La notizia in famiglia non fu apparentemente presa né con gioia né con dolore e questo era già un segno che, evidentemente, sotto le apparenze era stata presa con gioia. Si sentiva sempre più debole, ormai non aveva neppure la forza di muoversi nel suo acquario. Quando esalò l'ultimo respiro ne fu quasi contento. Non vide questo con occhi
umani, lo sentì dentro di sé. L'inverno era passato, Morris, orgoglio dei genitori, avrebbe lavorato nell'impresa della madre, il mondo era pieno di gente felice che si preparava a vivere un'altra primavera.
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