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Una poesia d’alba – Il canto del mare di Bruno di Pietro

Nota di lettura di Melania Panico

Bruno Di Pietro, Colpa del mare e altri pometti, Oèdipus 2018

Della poesia di Bruno di Pietro mi ha sempre affascinato il rapporto vivo con la storia. Una Storia che non è ricordo o immobilità ma qualcosa che si rapporta continuamente con il presente per dare vita a una poesia moderna (nell’accezione più profonda del termine) e limpida. Colpa del mare e altri poemetti è la riedizione del libro già pubblicato nel 2002 ma ampliata e in parte rivista, in cui il motivo del titolo, il mare, diventa fulcro di una riflessione su quella che Celan chiamerebbe la verità della poesia. Il mare è specchio ma anche trasparenza, un topos di grande impatto. Ma cosa cerca la poesia se non una direzione o il tentativo stesso della direzione, in un dialogo a tu per tu con la realtà? E Bruno di Pietro lo fa attraverso una lingua piana ma anche inquieta. La poesia in questo senso è sempre canto d’amore e di cura ma anche canto malinconico: “poi dirai che hai bisogno di chiarezza / prendendo il caffè con chi passa / chiacchierando del meno nella sera / che qualcuno ti regala una carezza”.

È nella sezione acque/dotti (Frammenti di Massimiano) che dal mio punto di vista si manifesta compiutamente l’itinerario poetico dell’autore, quello a cui facevo riferimento prima e cioè questo stretto rapporto con la Storia. La transizione ovvero il passaggio di un’epoca, quello rappresentato dalla figura di Massimiano, uomo vissuto all’alba del VI secolo d.C., e quindi nel pieno di un passaggio, la consapevolezza e la condizione di chi sa che non avrà occhi per vedere il compiersi di questo passaggio, proprio come l’uomo contemporaneo. E quindi la storia di Massimiano non può che essere allegoria della nostra epoca: “anticipo la storia / senza saperne il resto”. Bruno di Pietro avverte: Massimiano l’ho incontrato rileggendo Foscolo. Massimiano “al colmo di una ruota che non gira”, un verso che racchiude molte cose, soprattutto estremo rimando a un tempo circolare in cui passato e presente si incontrano ancora e ancora.

“All’improvviso il passato non parla / vento di mare che cala al tramonto”.  Vento/musica, tramonto/devozione e il verbo “calare” che è movimento, passaggio ma anche manifestazione. Se il passato non parla più, tuttavia lascia un segno ed è il perno, il segno: “chiamarti è la deriva degli intenti / se non so dirti il poco né l’intero”. La poesia di Bruno di Pietro allora è una poesia di confine, se con confine intendiamo il limite e il simbolo, così come gli uomini e le donne presenti nel libro sono uomini e donne di confine e simboli, non semplici travestimenti. È una poesia che potrebbe essere cantata, per la musicalità e per la tragicità, una poesia d’alba, di pensiero ma non di ideologia.

Selezione di testi:

poi dirai che queste prime gocce
di autunno ti hanno sorpresa
che il freddo va preso di profilo
come il sospiro di chi è in attesa
di nessun luogo nessuna misura
per tempo incalcolabili di cura
inconsulto destino del gesto
di chi ti chiede con ogni pretesto
rovescia cieli profonde spezie
insulto al limite alle sponde
di un gioco di rimbalzo senza fine
fin quando il giorno di sé di te si stanca
e ti affossa al confine di ombre spesse
dove c’è il filo ma non c’è chi tesse

all’improvviso il passato non parla
vento di mare che cala al tramonto
e a farla breve non mi sento pronto
ad affrontare questa transizione
sopravvivo oramai per distrazione
alla pioggia che ogni sedimento tarla
nell’incerto il futuro non respira
gettato come sono a dare il conto
al colmo di una ruota che non gira

non sapevo
migrassero
le anguille:
fra mille
teorie
mi mancava
una notizia
della vita

il tempo non perde tempo
e ti sorprende
quando non hai fretta

dilata giorno il tuo durare
(non sono pronto a vedermi passare)

Bruno di Pietro (1954) vive e lavora a Napoli. Ha pubblicato: Colpa del mare (Oedipus Salerno-Milano, 2002); SMS e una quartina scostumata (D’If, Napoli, 2003); Futuri lillà (id., 2003); Acque-dotti. Frammenti di Massimiano (Bibliopolis, Napoli, 2007); Della stessa sostanza del figlio (Evaluna, Napoli, 2008); Il fiore del Danubio (id., 2010); Il Merlo​ maschio (Laboratorio di Nola, 2011); Minuscole (id., 2016). Impero (Oedipus, 2017). È presente nelle antologie Mundus. Poesia per un’etica del rifiuto (Valtrend, Napoli, 2008); Alter Ego, Poeti al MANN (Napoli, Errico Ruotolo, 2012); Opere 1961 – 2007 (Fondazione Morra, Napoli, 2012). Con Gabriele Frasca, Mariano Bàino e Nietta Caridei ha fondato la casa editrice d’If. È stato socio delle edizioni Cronopio.

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