Cinque poesie di Teresa Wilms Montt

Nota, scelta e traduzione testi di Barbara Herzog

Cinque poesie tratte da Inquietudes sentimentales (Buenos Aires, Argentina, 1917) di Teresa Wilms Montt

La scrittura di Teresa Wilms Montt è insieme sublime e semplice.
Raccoglie in sé il prorompente senso di meraviglia della gioventù quanto la visione amplificata di una maturità travolgente.
Donna appassionata e ribelle, con i piedi puntati contro la generale scivolata dentro al “così sta bene”, alla naturale ricerca di approfondimento delle emozioni, della sapienza.
Cerca di allontanarsi dalla grettezza e brutalità e viene punita con la clausura forzata e la privazione delle proprie figliolette.
Irrequieta, viaggiatrice e sinceramente stimata nei circoli di artisti e intellettuali di altri paesi, riesce a trasformare in versi di struggente bellezza l’agonia dell’assenza, come la sublimazione dell’amore dall’erotico, al compianto, al celestiale.
La duplicità che pensa di vivere (cit. diario), e dover nascondere - essendo donna - in modo cauteloso, è in realtà un intenso caleidoscopio di sfaccettature che a tutt’oggi fatica a trovare placida accettazione dai più - come lei stessa in una nota poesia previde.

Teresa Wilms Montt (Viña del Mar, Cile, 1893 – Parigi, Francia, 1921) ha pubblicato i seguenti libri: Inquietudes sentimentales (1917), Los tres cantos (1917), En la quietud del mármol (1918), Anuarí (1918), Cuentos para hombres que todavía son niños (1919).

I

La luz de la lámpara, atenuada por la pantalla violeta, se desmaya sobre la mesa.
Los objetos toman un tinte sonambulesco de ensueño enfermizo; diríase que una mano tísica hubiera acariciado el ambiente, dejando en él su languidez aristocrática.
Una campana impiadosa repite la hora y me hace comprender que vivo, y me recuerda, también, que sufro.
Sufro un extraño mal que hiere narcotizando; mal de amores, de incomprendidas grandezas, de infinitos ideales.
Mal que me incita a vivir en otro corazón, para descansar de la ruda tarea de sentirme vivir dentro de mí misma.
Como los sedientes quieren el agua, así yo ansío que mi oído escuche una voz prometiéndome dulzuras arrobadoras; ansío que una manita infantil se pose sobre mis párpados cansados de velar y serene mi espíritu rebelde, aventurero.
Así desearía yo morir, como la luz de la lámpara sobre las cosas, esparcida en sombras suaves y temblorosas.

I

La luce della lampada, resa tenue dal paralume viola, sviene sopra il tavolo.
Gli oggetti assumono una tinta sonnambula da sogno malaticcio; si direbbe che una mano tisica abbia accarezzato l’ambiente, lasciandovi il suo languore aristocratico.
Una campana impietosa ripete l’ora e mi fa capire che vivo, e mi ricorda, anche, che soffro.
Soffro di uno strano malessere che ferisce narcotizzando; mal di amori, di incomprese grandezze, di infiniti ideali.
Malessere che mi incita a vivere in un altro cuore, per riposare dall’arduo compito di vivere dentro me stessa.
Come gli assetati desiderano l’acqua, così io bramo che il mio orecchio senta una voce che mi prometta dolcezze estasianti; bramo che la manina di una bambina si posi sopra le mie palpebre stanche di vegliare e rassereni la mia anima ribelle, avventuriera.
Così vorrei morire, come la luce della lampada sopra le cose, sparsa in ombre delicate e tremolanti.

VI

¡Espejo! ¿Por qué me reflejas joven? ¿Por qué esa burla arlequinesca?
Tú ves cómo desfilan por mis ojos mis vejeces y cansancios; ves cómo mi alma atormentada solo aspira a dormir soñando.
Espejo, tú eres mi hermano gemelo y conoces mejor que Dios mi vida.
Sabes qué claras purezas arrullaron mi juventud; sabes el entusiasmo de pájaro que tuve por todo lo bello; sabes mi trágica devoción a las leyendas de príncipes encantados... Sabes que una música melodiosa y un canto suave me hacían sollozar, y que una palabra de afecto me hacía esclava de otra alma, y sabes, también, que todo lo que soñé tuvo una realidad desgarradora.
He salido herida de la dura prueba, sangrando, porque he dejado tras de mí pedazos de mi ser.
Tú sabes, espejo irónico, que mi vida no es más que una larga agonía, con el raro cortejo de risas carnavalescas.
Acuérdate que el repiqueteo de campanillas no solo anuncia fiestas: tras de él suele venir también el carro de los leprosos.

VI

Specchio! Perché mi rifletti giovane? Perché quella beffa arlecchinesca?
Tu vedi come sfilano nei miei occhi le mie vecchiaie e stanchezze; vedi come la mia anima tormentata solo ambisce a dormire sognando.
Specchio, tu sei il mio fratello gemello e conosci meglio di Dio la mia vita.
Sai quali chiare purezze cullarono la mia gioventù; sai dell’entusiasmo da uccellino che ebbi per tutto il bello; sai della mia tragica devozione alle leggende di principi azzurri… Sai che una musica melodiosa e un canto delicato mi facevano piangere, e che una parola di affetto mi rendeva schiava di un’altra anima, e sai, anche, che tutto ciò che ho sognato è giunto ad una realtà straziante.
Sono uscita ferita dalla dura prova, sanguinante, perché mi sono lasciata alle spalle pezzi del mio essere.
Tu sai, specchio ironico, che la mia vita non è altro che una lunga agonia con il raro corteggiare di risate carnevalesche.
Ricordati che il rintocco delle campanelle non annuncia solo feste: dopo di lui solitamente arriva anche il carro dei leprosi.

XII

Eran sus manitas como dos mariposas inquietas, como dos capullos recién abiertos a la brisa.
Era su boquita un cántaro de rubíes que, por capricho de la naturaleza, habían adquirido vida y sangraban.
Eran sus ojos dos lagos bajo la serenidad de un plenilunio, donde se escondió todo el azul del éter.
Y era su frente una placa de marfil en la cual el destino escribió, con lapislázuli, raras cifras incomprensibles.
Sus cabellos eran topacios diluidos, y al desparramarse en mis brazos fulguraban como hilos diamantinos de estrellas.
¡Qué linda era!
¡Qué linda y qué tierna!
Vino al mundo para hacerme sentir lo que era adoración, para hacer conocer a mi regazo la más dulce de las cargas, para despertar en mi corazón el más santo y bello de los ideales.
¡Y se fue...!
Se fue aquella realidad de un sueño.
¿Es posible, Dios mío, decir que los muertos están más solos que yo?

XII

Erano le sue manine come due farfalle irrequiete, come due bozzoli appena aperti alla brezza.
Era la sua piccola bocca una brocca di rubini che, per un capriccio della natura, avevano preso vita e sanguinavano.
Erano i suoi occhi due laghi sotto la serenità della luna piena, dove si nascondeva tutto il blu dell'etere.
Ed era la sua fronte una lastra d'avorio su cui il destino aveva scritto, con lapislazzuli, strane figure incomprensibili.
Erano i suoi capelli come topazio diluito, e mentre si allargavano tra le mie braccia scintillavano come fili diamantini di stelle.
Com'era bella!
Come era bella e tenera!
Era venuta al mondo per farmi sentire cosa fosse l'adorazione, per far conoscere al mio grembo il più dolce dei fardelli, per risvegliare nel mio cuore il più santo e il più bello degli ideali.
E non c'è più...!
È sparita quella realtà di un sogno.
È possibile, mio Dio, dire che i morti sono più soli di me?

XXVII

¡Una... dos... tres! Ya murió la hora en brazos del Tiempo.
Hubo en los campanarios un estremecimiento, y el grito de una sirena rasgó el silencio.
Anuarí, mi espíritu benéfico, desde el pabellón donde está encrustado, baja su mirada sobre mí.
Hay en mi alma una beatitud plácida de ensueño.
¡Si fuera así, tan suave, el morir!
Anuarí, dame tus intenciones puras; dame las balsámicas caricias de tu hermosura intangible y la belleza de tu espíritu mago; dame el beso de tu boca materializada en inmenso rasgo de ternura.
Anuarí, mi mejor canto y la más blanca de mis alabanzas serán para ti; no habrá jamás una sombra en mi corazón si te quedas en él.
Otra hora que se muere ha hecho sollazar a la noche. Para mi no existe el tiempo ni la muerte cuando estoy bajo el amor de tus ojos, Anuarí.

XXVII

Una… due... tre! Ormai l’ora è morta tra le braccia del Tempo.
C’è stato un sussulto nei campanili, e lo strillo di una sirena ha squarciato il silenzio.
Anuarí, mio spirito benefico, dalla volta nella quale è incastonato, fa scendere il suo sguardo su di me.
Vi è nella mia anima una placida beatitudine da sogno.
Se fosse così, tanto dolce, il morire!
Anuarí, dammi le tue intenzioni pure; dammi le balsamiche carezze della tua intangibile bellezza e la meraviglia del tuo spirito mago; dammi il bacio della tua bocca materializzata in un immenso segno di tenerezza.
Anuarí, il mio canto migliore e la più bianca delle mie lodi saranno per te; mai ci sarà un’ombra nel mio cuore se tu vi rimani.
Un’altra ora che muore ha fatto piangere la notte. Per me non esiste il tempo né la morte quando sto nell’amore dei tuoi occhi, Anuarí.

XXXVIII

Desearía sentirme bajo el sol, como una cosa pequeña que no sufriera el dolor de pensar, que perfumara de suavidad.
Quisiera esparcirme en las plantas y en las flores, como los colores, como el aroma; y morirme en las corolas mezclada a las partículas de polen para dar alimento a las abejas que fueran a extraer el néctar.
Quisiera, como un murciélago nocturno, plegar las alas y quedarme dormida hasta olvidar que tengo alma.
Quisiera... Tanto quisiera yo, que nada tengo...

XXXVIII

Vorrei sentirmi sotto il sole, come una piccola cosa che non soffra il dolore del pensiero, che profumi di morbidezza.
Vorrei spargermi nelle piante e nei fiori, come i colori, come la fragranza; e morire nelle corolle mescolata alle particelle di polline per dare cibo alle api quando vanno a estrarre il nettare.
Vorrei, come un pipistrello notturno, ripiegare le ali e addormentarmi fino a dimenticare di avere un'anima.
Vorrei... Tanto vorrei io, che nulla ho...

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