Amalia Guglielminetti: la poetessa insonne

di Emanuela Chiriacò

L’insonne Fiabe in versi e altri scritti (Bertonieditore - Collana Donne in Poesia a cura di Maria Grazia Amati) di Amalia Guglieminetti è un’importante operazione di recupero letterario della produzione lirica e prosastica guglielminettiana.

Nella sua prefazione Silvio Raffo afferma che Amalia Guglieminetti, quella che va sola, è una donna intelligente, autonoma e soprattutto anticonformista che poco o nulla ha a spartire con la figurina frivola che l’è stata attribuita e con l’archetipo stantio di pseudoeroina dell’Italietta dannunziana che cronache faziose e superficiali hanno contribuito a standardizzare.

Guglielminetti è un’anima intensa, piena di domande, una donna che pensa in modo sensuale, lontana dall’etichetta di femme fatale di matrice dannunziana che la morale bigotta del suo tempo le aveva affibbiato, privilegiando la vita privata e facendo passare in secondo piano la sua consistente produzione ed evoluzione letteraria. Per molti Guglielminetti era “l’amica” di Gozzano, eppure quando il poeta canavesano esordì nel 1907 la poetessa aveva pubblicato tre anni prima Voci di giovinezza, una raccolta grazie alla quale si era affermata nell’ambiente letterario torinese.

Nel luglio del 1906 sul n. 26 della rivista “L’Illustrazione italiana”, edita da Treves, a cui collaboravano Giovanni Verga, Grazia Deledda, Giosuè Carducci, Luigi Pirandello, Gabriele D’Annunzio, Edmondo De Amicis e Luigi Capuana apparvero Il Convento, Il Silenzio e La meta fallace, tre sonetti che miravano a promuovere l’imminente pubblicazione de Le vergini folli e che garantirono ad Amalia Guglieminetti una certa risonanza.

Nel periodo di tempo che intercorre tra il 1907 e il 1913, anno di pubblicazione de L’insonne, la poetessa si afferma sulla scena letteraria e mondana nazionale.

Le tre sillogi Le vergini folli, Le seduzioni, L’insonne di Amalia Guglielminetti hanno una salda compattezza tematico-stilistica, sono le tre tappe di un unico itinerario spirituale che conduce l’io poetico verso la cruda scoperta della propria solitudine e della vacuità dell’esistenza. Tre sillogi che si fondano su una lingua unica con forti rimandi a Francesco Petrarca e Giacomo Leopardi e al repertorio retorico simbolista italiano. Delle tre però, soltanto L’insonne, la sua ultima raccolta in versi, lascia trasparire una donna matura e moderna che saluta con amaro cinismo l’idea, il sogno dell’amore e che diventa del tutto consapevole dell’immutabile condizione della solitudine umana.

Nel suo saggio introduttivo Maria Grazia Amati afferma che L’Insonne descrive un’inquietudine senza rimedio, un distacco disincantato e incolmabile da cose e persone. Una solitudine senza via di scampo.

Per Patrizia Guida in Letteratura femminile del Ventennio fascista (PensaMultimedia, Lecce, 2000) L’insonne è un “poema moderno della condizione umana/femminile”; una condizione caratterizzata da un “drammatico sentimento di solitudine e di estraniamento” che smonta il culto della carnalità che le è stato attribuito poiché l’invito di Guglielminetti a cedere al desiderio non nasce da un approccio edonistico, ma da un’insanabile frattura interiore.

La solitudine

Siamo soli nel mondo: ciascun vive in mezzo a un deserto.
Nulla per noi è certo fuorché questo vuoto profondo.

E i contigüi casi degli uomini, e i sogni e le cose
son come ombre fumose vanenti su torbidi occasi.

Talvolta amor mezzano avvicina due solitari,
li illude un’ora e ignari e ignoti li avventa lontano.
Ciascun ch’ami il suo orgoglio la sua verità o il suo errore
è un mesto viaggiatore superstite sopra uno scoglio.

S’illude egli alle prime carezze dell'onde e del vento,
ma tosto lo sgomento dello spazio enorme l'opprime.

Né v’ha cosa più triste della non colmabil lacuna,
dell'ombra che s’aduna fosca fra chi esiste e chi esiste.
(p.48)

La lirica non parla soltanto di una solitudine amorosa, ma anche di una solitudine esistenziale, una condizione universale e condivisibile in cui il rapporto tra io interiore e mondo esterno, tra aspirazioni personali e realtà borghese si rivelano definitivamente.

L’Insonne è una raccolta simbolista che nel proemio (“È la voce notturna di colei che veglia raccolta,/ e il canto da sé ascolta traboccare come da un’urna.” p.31) testimonia come la poetessa ascolti il traboccare del suo canto sofferente come da un’urna; una sofferenza che a sua volta è caratterizzata dall’oscurità che rende il cuore tetro per le lividure, e quasi l’alletta il desiderio di farlo tacere per sempre. Come se avesse un’attrazione intensa verso la morte intesa come la conclusione del viaggio di colei che è del tutto consapevole del proprio bagaglio di disincanti, dell’inevitabile tedio dell’esistenza e della solitudine dell’essere umano in quanto tale.

L’insonne è una silloge scritta in distici di settenari e ottonari o novenari con rima interna in chiasmo, un adattamento del distico elegiaco classico alla metrica italiana.

Le fiabe in versi, pubblicate per la prima volta nel 1922 da Mondadori, sono favole per l'infanzia adulta, ricche di simbolismo, in cui, con un linguaggio lirico a tratti cupo ed esiziale, Guglielminetti racconta caducità e fragilità della condizione umana. Il mare è immensità amniotica che genera vita e mostro fagocitante e vorace che presenta una specularità con il mondo terreno; e in entrambi, mondo marino e terreno, egoismo e opportunismo condizionano scelte ed esistenze.

La parte conclusiva del volume gli altri scritti a cui accenna il titolo contiene le due novelle Gli ospiti del castello e La porta della gioia e il racconto breve Il delinquente.

Guglielminetti crea personaggi maschili e femminili o “tipi” e li pone in scenari in cui possono manifestare comportamenti bizzarri che l’autrice osserva con uno sguardo anticonformista e ironico, freddo e analitico. Sono personaggi che l’autrice usa per scardinare le credenze borghesi riguardo la relazione tra uomini e donne, svelare la corruttela morale di entrambi i sessi e inchiodarli al loro destino. La lingua di Guglielminetti è alta, sferzante, sofisticata e la lettura interessante e stimolante.

Amalia Guglielminetti letta attraverso la sua voce lirica e prosastica emerge come una donna emancipata, libera, moderna, imperfetta, alla continua ricerca di sé e soprattutto consapevole della sua femminilità, tutte qualità che sconfessano una certa visione pregiudiziale, anche femminista, che la relegava al ruolo di scrittrice erotica tout court. L’aspetto scabroso della sua scrittura non era altro che un veicolo di critica aspra e acuta verso la pruderie e la morale bigotta del suo tempo.

Il volume L’insonne Fiabe in versi e altri scritti (Bertonieditore) è dunque un’importante operazione di recupero letterario e umano della grande poetessa “insonne” torinese.

 

 

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